Una sindrome può unire. È successo ad Elisabetta ed Antonella, mamme di Giulia e Aurora, bimbe con la sindrome di Charge. Scopriamo la loro storia.
Elisabetta, Antonella, com'è nata la vostra amicizia?
E. "La nostra amicizia è nata 6 anni fa, poco dopo aver ricevuto la diagnosi della sindrome di Charge per le nostre figlie. E' un'amicizia nata sui social: lei mi ha chiesto aiuto per una cosa e dal lì abbiamo iniziato a sentirci".
A. "Le avevo chiesto un consiglio medico su una cosa che lei aveva già affrontato e io no. E' stata una cosa però molto graduale: all'inizio ci sentivamo una volta ogni tanto, poi abbiamo iniziato a sentirci un pochino di più. Abbiamo iniziato a conoscerci bene e scoprire che abbiamo tante cose in comune. In più, abbiamo entrambe un figlio più grande, quindi certe difficoltà le affrontiamo insieme. Inoltre, le bambine hanno la stessa età: hanno solo 2 mesi di differenza".
Che cosa ti regala questa amicizia ogni giorno?
E. "Io non potrei più fare a meno di Antonella. Sapere che c'è una persona che ti ascolta, che ti comprende, ti consiglia, che c'è".
A. "E' una persona che anche se tu non finisci la frase, sa già quello che tu dirai. Siamo circondate da tante persone, ma se non vivi una certa esperienza non la potrai mai capire".
Che cosa significa vivere con questa diagnosi?
E. "La diagnosi noi l'abbiamo avuta due o tre mesi dopo la nascita di Giulia. Il dolore che si prova in quel momento è un dolore che ti spacca il cuore. Però poi una mamma vede il proprio figlio così piccolo, indifeso, fragile e si rimbocca le maniche e inizia a lottare contro tutto e contro tutti. In questi 6 anni Giulia mia ha regalato tanto, tutto. Gioia e dolore, pianti ma anche pianti di felicità. All'inizio erano pianti di dolore poi sono diventate lacrime di gioia".
A. "Noi abbiamo avuto un inizio veramente difficile, nel senso che la mia bambina non ha respirato sin dalla nascita ed è nata prematura, poi col tempo è arrivata la diagnosi e lì devi fare una scelta. O vai in depressione o ti rimbocchi le maniche e decidi che devi fare il meglio e lottare per tuo figlio. Quindi, abbiamo fatto di tutto per darle una vita migliore possibile. Con gli anni, abbiamo visto che questo duro lavoro sta portando tanti risultati. E ora lei inizia a vivere come una bambina quasi normale: ad avere degli amici, ad essere felice e questo per me dà veramente tante soddisfazioni".
In che cosa consiste la sindrome di Charge?
E. "Charge è un acronimo: ogni lettera può rappresentare una eventuale malformazione. Giulia, così come Aurora, ha delle malformazioni a carico degli occhi, delle orecchie ed entrambe hanno avuto dei problemi di equilibrio".
Qual è il regalo più bello che vi hanno fatto le vostre figlie?
E. "Giulia è il mio regalo. Io lo dico sempre Giulia è il mio dono. Ricordo benissimo quando era piccola, per una malformazione che ha avuto alla bocca ha sorriso tardi. Io ricordo benissimo il suo sorriso. Mi ha trasmesso il senso dell'essere qui, così, mi ha fatto capire che ogni cosa delle vita che noi diamo per scontata non è scontata per niente. Questa è la lezione, il dono che rappresenta Giulia".
A. "Aurora mi ha regalato tante cose. Innanzitutto il dono più grande è stato vivere. Poi ogni giorno mi regala qualcosa: quando meno te lo aspetti fa qualcosa che tu non penseresti che farebbe e invece lo fa. Nel suo piccolo, nel suo essere una bimba che ha sofferto, ci ha insegnato a vedere la vita in un modo diverso a non aspettarsi chissà che, ma ad accontentarci di ogni minima cosa che lei ti può dare".
Quali sono gli oggetti del cuore che ti porti dietro da questa esperienza?
E. "L'oggetto del cuore è un cuore con scritto: 'A volte nella vita si incontrano persone speciali ma tu sei davvero unica, Ti voglio un mondo di bene'".
A. "Poi abbiamo una tazza con una foto insieme con la scritta 'friends forever'".
E. "E per finire, un braccialetto che portiamo entrambe con scritto 'Nulla accade per caso' perché non è un caso che se le nostre bambine siano venute al mondo e non è un caso che sia nata la nostra amicizia. C'è sicuramente un disegno dietro che ci ha fatto conoscere e fatto sì che la nostra amicizia diventasse quello che è: qualcosa di straordinario."
A. "Da mamma a mamma, io consiglierei alle mamme di non fermarsi mai alla diagnosi, di non abbattersi ma di lottare sempre per i propri figli e di credere sempre nelle loro capacità perché questi bambini sanno dare tante soddisfazione e tanta gioia".
Sito: legadelfilodoro.it/