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La conciliazione dalla teoria alla pratica

di mammenellarete - 03.01.2008 - Scrivici

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da Francesca (mamma nella rete) La mia bimba ha 18 mesi. Prima di fare la mamma ho fatto la studiosa-ricercatrice super impegnata, lavoravo senza orari, sacrificavo serate e domeniche e a volte mi dicevo che un figlio sarebbe stata l'occasione per cambiare vita. Ho studiato tanto anche il tema della conciliazione, ho letto e sentito dalle testimonianze delle donne e dall'evidenza dei dati quanto era faticoso conciliare lavoro, figli, casa, mariti e riflettevo su quanto questo fosse ingiusto. Per le madri, per i figli e anche per i mariti, spesso schiacciati da un lavoro che non lascia intravedere altro.

Di me però pensavo che sarebbe stato diverso, che avrei trovato una soluzione.
Ma intanto il figlio desiderato non arrivava.
Poi ho cambiato lavoro e con i ritmi più umani, la fine della precarietà qualche e sicurezza in più è arrivata anche la figlia. Ho la fortuna di lavorare in un posto in cui la maternità è ancora tutelata e il primo anno di vita della bambina è stato fantastico. Ho gestito con gradualità il rientro al lavoro e mi sono goduta a pieno le lunghe passeggiate, le chiacchiere con le amiche (poche) che riuscivano a interrompere i loro ritmi forsennati per venirci a trovare, il tempo sospeso in cui sono le esigenze della bimba a dettare il ritmo... Tornare al lavoro mi è pure piaciuto, ho la fortuna di fare un lavoro interessante e tornare al mio pc mi offriva una parentesi riposante dal ritmo di mamma.
Ho sopportato bene le sveglie notturne, l'allattamento prolungato e le prime malattie, e sono stata pure fortunata perché la bimba è piuttosto buona, tanto che il padre scherzando mi dice che io non ho idea di che cosa significa avere un figlio.
Già il padre. Lui ha già due figli grandi e 20 anni fa è stato uno dei primi padri che hanno vissuto la paternità in modo paritario, alternandosi tra pappe e pannolini di fronte agli sguardi incuriositi dei nonni e dei passanti. Mi è servita molto la sua esperienza, ho imparato senza ansie a fare la mamma e penso mi sia venuto “naturale” anche perché soprattutto all'inizio mi sono molto appoggiata alla sua esperienza. Però ora per lui è un po' diverso, forse è in un'altra fase della vita, forse è preso dalla carriera, forse ricominciare un'altra volta con pappe pannolini e capricci non è facile.
Intendiamoci, lui è fantastico, è un padre tenero che adora la sua piccola, risolve un sacco di problemi e io non sono ancora diventata così brava a cambiare il pannolino o a fare i lavaggi nasali, ma devo ammettere che il carico della bimba non è diviso a metà.
Te ne accorgi in modo un po' insidioso. Intanto si parte svantaggiate: i primi 5 mesi tu sei a casa ed è naturale che il carico sia più sulle tue spalle. È un carico bellissimo, e poi l'allattamento è così particolare e gratificante che non ti fa pesare le notti e la fatica, o almeno per me è stato così e ancora una volta so di essere stata molto fortunata.
Però questi 5 mesi a casa e gli altri 7 che stai in orario ridotto contribuiscono poco alla volta a sbilanciare la distribuzione del carico. Certo non si arriva al 97-3 delle nostre nonne, e forse nemmeno all'80-20 della media. Ma di sicuro non si arriva al 50-50 che quando studiavo mi aspettavo di voler/poter/dover raggiungere. Per la mia dignità di donna, per il tipo di uomo che credevo avrei scelto, per non dover dire che un figlio costava il sacrificio della cura di sé, della carriera e della retribuzione delle donne.
Quando ne prendi coscienza la delusione è forte. È anche un po' rabbiosa ... pensi che se succede anche a noi coppie progressiste e laureate come possono fare le donne che hanno meno strumenti?
Nel frattempo sei tornata a lavoro a orario pieno, ormai da te iniziano ad aspettarsi che ritorni quella che eri prima e anche tu vorresti ritrovare la produttività di un tempo e non sai ancora invece che ti aspettano le prime malattie e l'altalena casa- nido che alcune mamme mi dicono può durare tutto l'anno.
Inizi a cimentarti con il campionato della madre super-efficiente (il mito della “doppia eccellenza” lo chiamava Paola Piva in un bel libro degli anni '90) e ti dici che i malumori sono passeggeri, che lui sta attraversando un periodo difficile a lavoro, che ormai la bimba inizierà anche a giocare da sola. Poi prendi coscienza e ti viene da piangere.
Puoi abbassare il livello delle aspettative, e posizionarti su un bel 68-32 che ti lascia qualche spazio x te, contare un altro poco su tua madre che per fortuna adora la nipote, trovare qualche soluzione organizzativa, incastrarlo in un giorno fisso in cui lui deve fare il papà dirti che devi uscire più spesso con le amiche e smetterla di lamentarti.
Del resto se le donne ci riescono così bene perché tu non dovresti farcela? Certo, la tua carriera aspetterà un pochino, i chili in più vedrai di perderli senza palestra ma in compenso la tua bimba è fantastica. E il padre pure, tuttosommato non vorresti cambiarlo per nessuno al mondo. Anzi, devi mettere anche lui nel calendario degli impegni: il rapporto di coppia a furia di pannolini e incastri di tempo si sta un po' logorando, sei così presa dal campionato che lo stai trascurando un po', dovreste cominciare a uscire qualche volta da soli la sera, qualche volta dovresti organizzare una cena carina (e come fai con la dieta?) e soprattutto essere meno rompiscatole, lo sai che è la cosa che lui odia di più, le donne che rompono... Peccato che la sera crolli alle 9 davanti alla tv (e per fortuna che fa lui i piatti!) addormentandoti insieme alla bimba.... Che dite, ci vuole il caffé la sera?

Buon anno a tutte

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