Nel settembre del 2013, a 17 anni, conobbi il mio compagno di 23, lui italiano e io marocchina. Sapevo che il nostro amore molto probabilmente non poteva avere futuro perché entrambe le nostre famiglie erano contrarie.
Nonostante ciò io mi impegnai per continuare la nostra storia, a mio parere la più bella del mondo, piena di complicità e di passione. A febbraio del 2014 scoprii di avere la tiroide ipertesa e il ferro basso, quindi iniziai a prendere dei medicinali che interferivano con il ciclo.
Per questo motivo quando il ciclo non venne quel mese non diedi peso al fatto. Le mestruazioni tornarono il mese dopo. Ad aprile invece, quando non arrivò, iniziai a sentirmi stranissima, l'odore della carne mi dava il voltastomaco, avevo crampi continui all'utero e provavo tanta stanchezza.
Pensai che avrei potuto essere incinta e quel pomeriggio feci il test. Era POSITIVO. Subito chiamai lui, che andò subito nel panico. Il giorno dopo ci vedemmo e iniziò a dire che non potevamo farcela, che ai suoi sarebbe venuto un colpo.
Così presi il suo viso tra le mani e lo guardai negli occhi. Dopo gli dissi con calma: "Amore, possiamo farcela, fidati di me, sono certa che ce la faremo". E lui si fidò di me. Avevamo poco tempo per trovare una soluzione e per trovare un modo per "fuggire" dai miei genitori prima che iniziassero a sospettare qualcosa.
Infatti i miei sono di fede musulmana e non avrebbero mai accettato una cosa del genere, con un ragazzo cristiano tra l'altro. Trovammo un appartamento e ci trasferimmo lì. Io cambiai anche numero di telefono.
Però stavo male perché sapevo che i miei genitori erano preoccupati e mi cercavano continuamente, così chiamai mia madre e le dissi: "Mamma sto bene, me ne sono andata perché sto con un ragazzo italiano e sono incinta di lui".
Lei mi disse di tornare a casa e che si sarebbe sistemato tutto.
Mio padre durante tutta la gravidanza si comportò freddamente con me, cercava di nascondere a tutti gli amici di famiglia che ero incinta e quando gli chiedevano dov'ero quando mancavo di casa, lui diceva che ero a studiare in un'altra città. Questo mi faceva soffrire moltissimo.
Al sesto mese di gravidanza presi la patente e, durante la morfologica, mi dissero che era una bambina, una stupenda bambina, sana e forte. A settembre trovammo la casa dei nostri sogni e l'affittammo, preparammo tutto per l'arrivo di Eleonora Clotilde.
Il termine della gravidanza era previsto per il 25 dicembre e, dato che il 24 durante il monitoraggio, non si sentiva nulla di "anomalo", subito dopo andai a comprare un vestito per festeggiare il Natale, dato che ormai non mi entrava più nulla.
Mentre sceglievo il vestito sentii delle fitte strane, pensai che forse erano le contrazioni di Braxton Hicks.
Alle 11 il mio compagno andò dal dottore e io iniziai a sentirmi davvero male. Pranzammo insieme, ma io continuavo a non stare bene. Mi sentivo meglio solo sul water o a quattro zampe per terra. Lui mi prendeva amorevolmente in giro. Io avevo tanta nausea...
Andai in bagno e quando mi alzai vidi del sangue. Erano le 14. Corremmo a prendere mia suocera per andare in ospedale e alle 15.30 mi fecero il monitoraggio. Io continuavo a vomitare e il dolore era sempre più insopportabile. Allora guardai il mio compagno e gli dissi: "Non ce la posso fare..."
Mi visitarono. L'ostetrica era stranita, guardava il mio ventre senza credere ai suoi occhi e disse alla sua collega: "Lo vedi quello? E' il sacco e dietro c'è la testa della bambina. La Signora è dilatata del tutto, basta che spinga.
"
Allora io saltai giù dal letto con le mie gambe, mi raccolsi i capelli e chiesi da che parte era la sala parto. Da qual momento non sentii più dolore, ero solo impaziente di conoscere la mia bambina, quella creatura che non mi lasciava mai da sola da ormai nove mesi.
Mi dissero di sedermi sulla sedia a rotelle e andammo in sala parto. Mi misi a quattro zampe, nonostante i dottori volessero farmi mettere nella posizione classica. Dopo 20 minuti di spinte, alle 16.17 del 24 dicembre, nacque Eleonora Clotilde, 51 centimetri per 3.260 kg di bellezza pura.
Mentre lei piangeva, chiamai mia madre e le dissi: "Mamma indovina dove sono?" Lei capì subito e i miei genitori corsero subito in ospedale per conoscere la loro nipote. Mio padre mi portò un mazzo di rose gigante e mi chiese scusa per come si era comportato e io mi sciolsi in un bagno di lacrime...
Ora Eleonora ha 7 mesi e non potrei essere più felice di così, perché cresce sana e felice e circondata da molte persone che come me, non riescono più a immaginare la propria esistenza senza di lei. Volevo dare un consiglio.
A volte, nonostante tutto giochi a vostro sfavore, nonostante le mille difficoltà che si hanno davanti, se si è convinti completamente di una cosa, bisogna portare avanti le proprie idee. Solo così si raggiunge la felicità.
di mamma Nadia
(storia arrivata all'e-mail di Nostrofiglio.it)
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