Andai all'estero da bambina e tornai in Italia da ragazza; ho studiato pochissimo la lingua italiana. Ma desidero comunque raccontarvi la mia storia.
Conobbi lui da ragazzina: io avevo 16 anni ed ero appena rientrata in Italia per l'estate, lui invece aveva 17 anni, era di origine marocchina e viveva in Italia da tantissimi anni con la sua famiglia, o almeno così credevo.
Iniziò a scrivermi un giorno d'estate, aveva chiesto il mio numero ad un amico in comune dopo che avevamo passato una serata in compagnia ad una sagra del paese. Sembrava un ragazzo qualsiasi, mi fece una bellissima impressione.
Iniziammo a frequentarci a giugno, ci fidanzammo a fine settembre e già dal mese di novembre iniziarono i primi sintomi di storia malata. A settembre i miei genitori decisero di stare in Italia dato che mio nonno era malato di tumore e la fabbrica per cui lavoravano aveva bisogno di personale. Lo stipendio diminuì, ma almeno eravamo vicini ai nostri cari ed a me non sembrava nemmeno vero il fatto di poter restare con il mio fidanzato.
Uscivamo ogni pomeriggio dopo che lui usciva da scuola, o almeno così credevo... Decisi di parlare con lui del fatto che mi sarebbe piaciuto tornare a studiare, ma che per problemi burocratici avrei dovuto perdere un anno di scuola. Lui iniziò a dirmi che non avrei dovuto studiare, che era così bello avermi sempre libera per lui, che un domani ci avrebbe pensato lui a mantenermi. Ed io come una scema accecata dall'amore accettai le sue condizioni.
Iniziò anche a dirmi che avrei dovuto tagliare molti rapporti con amici e amiche. Per questo motivo tagliai i rapporti con gli uomini che conoscevo, eliminai amicizie maschili da Facebook sotto suo "ordine", uscivo solo con "la sua compagnia" e assieme a lui.
Non avevo più amici "solo miei" . Poi, una sera, mentre eravamo a mangiare una pizza a casa di un amico ci fu una battuta tra me e l'amico.
Io dissi al suo amico, scherzando: "La leggenda africana non esiste". Il mio fidanzato accanto a me sentì questa affermazione, mi prese per i capelli e mi tirò verso di lui. Io caddi dalla sedia sbattendo il naso e l'occhio addosso al suo ginocchio ed iniziai a sanguinare. Lui vide che gli avevo sporcato la scarpa e mi giunse un mega calcio sulla pancia e sulle costole. Una ragazza che era lì mi sollevò e andammo in bagno.
Stavo malissimo, non avevo voglia di uscire dal bagno e di affrontare lui e gli amici suoi. Volevo solo andare via, ma nessuno mi avrebbe portato a casa, che era a 40 chilometri. Grazie alla ragazza che era lì mi feci forza e tornai al tavolo. Mi rincuorò dicendomi: "Sopporta, tra poco vai a casa e chiudi subito questa storia con lui. Lascialo e sparisci prima che peggiori, ascoltami".
Tornammo a casa. Lui era dolcissimo. Chiese scusa e mi disse che gli dispiaceva. Donne, non so come facciano questi uomini, ma lui è riuscito a farsi perdonare.
La storia andò bene fino a dicembre, quando io mi iscrissi a scuola. Questa scuola tra l'altro era frequentata da quattro cugini suoi e da una valanga di amici, quindi ero sotto controllo 24 ore su 24. Uno di loro gli disse che avevo troppe amicizie maschili attorno, dalla finestra aveva visto che ero al banco con maschi, tra l'altro più piccoli di me e non avevo scelto io il posto.
Tornai da scuola in corriera e lo vidi seduto alla fermata. Scesi, era incazzato, mi afferrò per un braccio e mi disse di star zitta, avevo già intuito cosa mi stava per succedere ed infatti andammo a casa di non so chi ed iniziò a litigare con me.
Un ceffone poi un altro e poi ancora, ancora. L'ultimo talmente forte che mi ruppe il sopracciglio (dopo 6 anni ho ancora il segno). Sangue ovunque, lui tremava, piangeva, iniziò a spaventarsi. Scappai nel corridoio di una palazzina. Un signore anziano mi guardò con disprezzo, mentre cercavo di andarmene piena di sangue.
Un altro in ascensore mi diede un fazzoletto senza nemmeno chiedermi se avessi bisogno di aiuto. Io volevo solo scappare senza mettere in mezzo altra gente. Si aprì l'ascensore e me lo ritrovai davanti. Si scusò. Mi aiutò a pulirmi. Tornammo a casa a piedi per 7/8 km, durante i quali lui mi chiese solo scusa. Io non gli rivolsi la parola. Arrivò a casa e mi chiamò, riempiendomi di messaggi dove diceva che era stato un coglione e che dovevo denunciarlo. Due giorni dopo litigammo per non ricordo quale motivo... mi prese a schiaffi.
Il giorno dopo pure. Quello dopo ancora. Dopo ancora. Arrivò febbraio. Litigammo mentre eravamo in centro, era sera ed era buio. Andammo in un parchetto a due passi ed io sapevo già che ne avrei prese tante. Il parco era buio, vuoto, era un parco davvero grande, ma malfamato.
Quando calò il buio non c'era nessuno, se non spacciatori e tossici suoi compaesani nelle panchine. Tentò di strozzarmi: avevo una collanina d'oro che lui mi aveva tirato, rompendola e lanciandola in mezzo all'erba. Se ne andò. Io cercai la mia adorata collana con il cuore in gola che lui potesse tornare. In quel momento, mentre mi facevo luce con il telefono, qualcosa luccicò. Era la mia collana, che fortuna!
La presi e scappai via. Feci un giro immenso per rientrare a casa per paura di trovarmelo sulla strada che facevo abitualmente. Il giorno dopo andai a scuola. Non ci stavo con la testa.
Presi la mia migliore amica e le dissi: "Guarda Miriam ieri cosa mi ha fatto lui, ha tentato di ammazzarmi". Mi tolsi la sciarpa e le feci vedere il segno sul collo, il segno del pollice a destra e la striscia dritta a sinistra.
Mi disse di lasciarlo, ma il fratello era troppo amico di lui e tra l'altro pure lui picchiava la moglie e le sorelle. Io le dissi: "Miriam lascia stare, non ti immischiare... sai problemi che ti crea con tuo fratello... stai al tuo posto, mi arrangio io". I giorni passarono, con me che prendevo botte ogni giorno per ogni singola cosa.
Un giorno invitati ad una festa mi chiuse in una stanza e scese a cercare un coltello. Lo fermarono i suoi amici facendolo ragionare. La settimana dopo mi riempì di botte, ma io scappai. Un suo amico non ne poteva più, mi caricò in macchina e mi portò via. Lui impazzì, tentando di ammazzarsi e pensando che io lo avevo lasciato. Mi fece pena e tornai. Lui peggiorò. Passo un anno così. Tra alti e bassi, tra botte che mi fanno perdere sangue e "schiaffi normali".
Lui pretese rapporti ogni singolo giorno, e non rapporti "leggeri". Un giorno gli dissi che non ne avevo voglia... e potete immaginare. Decisi di andarmene. Conobbi un altro uomo, tutto il contrario di lui. Questo era un uomo vero. Però scoprii di essere incinta di 3 mesi, dopo due mesi che ero riuscita a liberarmi del violento.
Il mio ragazzo mi lasciò, dicendomi che con un figlio di mezzo, avremmo avuto sempre il mio ex a rovinarci la vita, che aveva tanta paura per me e per la nuova vita che sarebbe venuta, che avrei avuto una vita difficilissima con me e la bambina tra tribunali, assistenti sociali, ecc.
Mi mise paura. Scelsi di abortire pur di non aver lui accanto a me o a mia figlia.
Una decisione che non volevo assolutamente prendere, ma dovevo. Andai in ospedale, ma scoprii di essere fuori tempo. "Mi spiace, non si può più". Mi cadde il mondo addosso. Mi chiesi: "Adesso come faccio? Come faccio a lasciare una figlia in mano sua? Come faccio a farlo stare lontano?" Tornai dai miei.
Mia mamma non sapeva niente di questa storia. Gli dissi solo che io e il papà non stavamo più assieme. Mi disse di non dirgli nulla della gravidanza, altrimenti la bambina sarebbe diventata un pacco postale. Non gli dissi nulla e per quei 6 mesi fui serena. Nacque la bimba. Ma le voci giunsero a lui. Volle vedere la bimba. "O me la fai vedere o vado a riconoscerla e me la tengo quando il giudice lo dirà".
Acconsentii. Dopo 2 mesi dalla nascita, lui partì e per 9 mesi restò al suo paese. Tornò per altri 2/3 mesi e poi ripartì per altri mesi. Insomma, fino ai quasi 2 anni e mezzo della bimba lui fece "vai e vieni" Italia/Marocco. Restò fisso in Italia verso i 3 anni della bambina ed iniziò di nuovo l'incubo. Dopo tante minacce volle decidere per me e la bambina. Sempre minacce, minacce, minacce e stalking... minacce e di nuovo minacce. Mi diceva: "Ti porto via la bambina. Vengo con mio padre e te la portiamo via. Sei una madre di m****. Devi morire, spero che ti succeda qualcosa".
Sopportai un anno e mezzo: lui si presentava da me sotto effetto di droghe... Era cattivo anche con la bimba, veniva a casa mia, si buttava sul divano e dormiva. 15 giorni fa, mentre dormiva, la bimba lo ha disturbato, lui ha preso la scopa che aveva in mano la bambina e le ha dato una botta.
.. mega ematoma nero. Io ero in cucina a lavare i piatti e ho sentito il colpo sulla pelle e la bambina piangere.
Lo ho sbattuto fuori casa, mi ha preso per i polsi stringendomi (ancora oggi ho gli ematomi). Ovviamente non gli ho lasciato vedere la bambina più... Per 3/4 giorni non l'ho sentito più. Pensavo avesse capito che doveva lasciarci stare. Ho portato la bimba al parchetto, non so come lui ha scoperto che eravamo lì. E' arrivato come niente fosse e ha iniziato a giocare con la bambina. Le ha chiesto come andava all'asilo, non lo avesse mai fatto... la bimba gli ha detto che aveva il fidanzatino e si erano dati un bacio sulla guancia. Lui è diventato una iena, ha iniziato a urlare contro me. Alla bambina ha detto che avrebbe picchiato lei e lui... Gli ho detto di calmarsi e lui ha iniziato ad inveire contro me. C'erano mamme lì che hanno capito la situazione. Queste mi hanno permesso di salire subito in auto e di andare a casa.
Dopo ho deciso di chiedere l'allontanamento, l'ho fatto per me e per tutelare mia figlia. Ho sentito un avvocato, ma voglio sentirne un altro perché non mi è piaciuto. Comunque devo aspettare settembre. Per fortuna lui a breve parte per 3 settimane. Io e la bimba per altre 2. Ho avvisati alcuni amici del fatto che verranno chiamati a testimoniare. Sono stati gentilissimi e mi hanno rassicurato parecchio, Inoltre mi hanno raccontato che nulla di ciò che mi aveva detto lui era vero.
Mi hanno detto che lui e la sua famiglia abitano in una casa abbandonata come abusivi, che lui non ha mai studiato, che vivevano rubando oro alle vecchiette... che la mamma e le sorelle non erano mai venute in Italia, volevano venire, ma che il padre aveva strappato i documenti per farle stare lì.
Mi hanno detto che lui spaccia e si droga, che ha lasciato anche la bimba giocare con della droga mentre io ero in bagno, che ha sempre detto a tutti che appena avrebbe riconosciuto la bambina l'avrebbe portata in Marocco e che io avrei dovuto piangerla.
Io ho tanta paura. Adesso sono nelle mani di un giudice e di un avvocato. Ho due mesi per trovare il meglio. Ho testimoni, messaggi, registrazioni vocali. Ho di tutto... sperate assieme a me che vada tutto per il meglio. Voglio libertà. Voglio essere libera. Godermi mia figlia senza aver paura che il padre ci perseguiti e spaventi.
Voglio fare ciò che voglio, solo io e lei. voglio smetterla di sudare freddo ogni volta che trovo un suo messaggio. Ho tanta paura, ma ho anche tanta forza. Cerco qualsiasi consiglio su un buon avvocato, zona Treviso. Un saluto a tutte.
una mamma
(storia arrivata come messaggio privato su Facebook ed editata dalla redazione)
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Aggiornato il 25.11.2017