Sono Rossella, ho 38 anni, ma tutti mi chiamano "Ro". Scoprii di essere incinta a quasi tre mesi, perché avevo continue perdite da uno/due giorni. Così iniziò il mio calvario d'amore per la mia "scriciolina".
Andai dalla mia ginecologa e lei mi rassicurò, dicendomi che non c'erano problemi, ma non era vero! Da quel momento in poi ebbi un problema dietro l'altro: avevo la placenta previa e la ginecologa non si preoccupò di mettermi a riposo assoluto, anzi...
Continuai a lavorare quasi fino al quinto mese. Da lì il tracollo: ricovero immediato in reparto. Feci anche il protocollo per aprire i polmoni alla bimba. Mia figlia voleva nascere, nonostante pesasse solo 850 grammi. Mi fecero trasferire d'urgenza a Padova in autoambulanza insieme ai medici, a un ginecologo e a un anestesista, perché stavo per partorire.
Arrivata, trascorsi 48 ore in blocco parto con cure sperimentali per tener più in grembo la bimba. La piccola si calmò, mi portarono in reparto, ma io non mi potevo muovere dal letto. Per lavarmi, mangiare, andar in bagno dovevo chiedere aiuto. Era un'umiliazione forte per una come me che generalmente si arrangia a far tutto da sola.
Ma per un figlio si fa! Rimasi ricoverata per quasi 2 mesi, poi un giorno il primario prese la decisione di farmi tornare a casa con un accorciamento dell'utero dell'80%. Praticamente "due dita e mezzo di parto aperto". Inoltre, il dottore deridendomi mi disse "Non è il 100%, è fortunata". Avevo una presunta infezione in atto. Tornata a casa, incubai l'infezione per 5 giorni.
Una sera non la sentii più muoversi, perciò corsi in ospedale e lì, in poco tempo, dovetti partorire con taglio cesareo non voluto. Quando la piccola nacque, non la vidi perché i medici la mandarono subito in un altro ospedale a Treviso.
Hanno fatto tutto quello che potevano. Il bip, quei maledetti bip, i sensi di colpa, l'angoscia, il dolore: non lo auguro a nessuno.
Il 6 agosto il suo cuoricino si fermò e io, in un altro ospedale, mi accorsi, alle 17.45, che una parte di me era morta. Lo sentii sulla mia pelle.
L'avevo vista tramite le foto, purtroppo non avevo potuto andare subito da lei. Quando la vidi per la prima volta, fu quando me la diedero in braccio, ma era senza vita.
Io non voglio che accada quello che è successo a me a nessuna donna e mamma. Le sensazioni che ho provato sono state terribili. Ero arrabbiata e in quel momento ho capito chi mi era davvero vicino, tra amici e parenti, ecc.
Ho avuto bisogno dello psichiatra, anche se non ho preso medicine. Lui mi ha aiutato a superare (se si può superare) la morte di mia figlia... a causa di una valutazione errata fatta da un primario.
Questa è la mia storia. Ora sono mamma di nuovo di un bimbo di 10 mesi nato prematuro e portato subito in Terapia prenatale. È avvenuto allo stesso ospedale dove CINQUE anni prima c'era anche sua sorella. Quando ho partorito mio figlio, l'angoscia è salita, assieme alla paura. Mi sono resa conto, in quell'ospedale, che mia figlia mi manca tuttora e che il suo ricordo sarà sempre vivo nella memoria. Grazie a tutte.
di Rossella