Sono le sette di sera e il chiarore di una lampada illumina il viso di una bambina. La chiameremo Fatima con i suoi sogni che hanno lo spessore di una bolla di sapone, sta giocando con una bambola di pezza che lancia ripetutamente contro il soffitto e ridiscende giù come una danzatrice impazzita.
Siamo in un centro di accoglienza di Milano e Fatima è arrivata dalla Siria da poco tempo.
Sono una volontaria e mentre gioco con lei, non riesco a liberare la mente da una fotografia: tutti gli uomini che non ce l’hanno fatta ad arrivare su quella maledetta spiaggia. Gli sguardi disperati, i brividi che scuotono il corpo, le sagome in controluce che annaspano. Un frammento di un documentario che conosciamo tutti. Ondate di sbarchi sulle coste siciliane, sotto un sole caldo che rallenta la vita, migliaia di bambini che attraversano il deserto, la guerra è una strada poco adatta da attraversare, dice un vecchio proverbio siriano: Damasco se ci rimani più di sette anni entra dentro di te.
Fatima è troppo piccola per raccontare quello che ha visto, fa parte di una lunga schiera, quella dei minori non accompagnati che arrivano in Italia e il fenomeno purtroppo è in aumento: le atrocità subite, la gente privata dei suoi diritti elementari, è un racconto atroce, che salta, va in moviola, riprende, ci sono buchi esistenziali che nella vita è meglio dimenticare.
Fatima mi offre la sua bambola di pezza, chi non ha niente è sempre il più generoso e poi si prende lo zainetto, lo stesso che l’ha accompagnata quando scivolava sulle dune di sabbia nel deserto. Occhi neri, occhi belli, la testa si inclina leggermente, quando mi dice che spera di raggiungere sua madre, già arrivata in Germania, anche la sua voce si affievolisce. È un romanzo corale la storia dei migranti: miseria, guerra, dittatura, fame, finalmente una barca su cui fuggire, stipati come le bestie fra le assi di legno traballanti.
Le singole storie, quelle vere usciranno in futuro, saranno scritte da chi avrà imparato un’altra lingua come Fatima, figlia del mondo e di tutti noi volontari e finalmente saprà raccontarcele.
storia scritta da Barbara di Castri
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