In Svizzera quando è festa si fa festa. Davvero. Letteralmente.
Ogni attività lavorativa e lucrativa si ferma.
Il giorno di Pasqua, ad esempio, pochi, pochissimi, ristoranti e cafè (bar) erano aperti. Io a dire il vero non ne ho visto neanche uno, nella zona dove abito. Evidentemente, tutti a casa (a meno di esser in vacanza) a celebrare l’ozio. Mangiando piatti a base di carne, credo. Probabilmente facendo venir sera con parenti vari. Però io di salsicce non sono un’amante, e i parenti li ho a 400km di distanza o più.
Il giorno di Pasqua ce la siamo cavata incontrando alcuni amici e riempendo i bambini di cioccolata (cosa di cui ci siamo subito pentiti riconoscendo, nelle loro corse pazze, il livello degli zuccheri alzarsi).
E il Lunedì di Pasqua, che fare? Tutto ancora chiuso, ovviamente. In più da ieri sera mi ritrovo pure un marito con un ‘semplice’ torcicollo che secondo i suoi standard provoca un dolore atroce, quasi da ricovero. Non sono ancora le dieci della mattina e già mi viene un attimo di panico al pensiero di come poter passare questa giornata con i miei due piccoli monelli. Fuori diluvia. Accidenti. Il nostro giardino sembra il Canal Grande a Venezia. I bambini si divertirebbero un mondo a saltare sotto l’acqua, ma chi ha buon senso lo usi, dice il detto. Quindi vieto ai miei figli di uscire. Almeno fino a quando la pioggia si attenua un po’. Mi viene in mente di portarli a qualche museo. Ma le feste si santificano qui, non è uno scherzo. E dunque le porte dei musei anche oggi rimangono chiuse. E poi, a ben pensarci, voglio davvero portare i miei figli, carichi di voglia di correre, in un museo svizzero?
Una volta, ispirati dal mio estro artistico, siamo andati al museo d’arte.
Dei quadri in mostra non ho particolari ricordi; solo, nella mente, le corse dei miei bimbi tra i visitatori. La velocità con cui ho visto Picasso, impressionante!
Fuori continua a diluviare.
La mattina passa, facendo tutti i giochi in scatola che possediamo, a parte ‘domino’, che non piace a nessuno; gare con le macchinine; e gare di corsa per la casa, includendo salita e discesa dalle scale, per rendere il tutto più difficile. Libri ne abbiamo letti, ma i miei figli hanno poca voglia di stare fermi ad ascoltare.
Abbiamo anche costruito una tenda usando sedie e la coperta con lana di lama portata da granddad dopo il viaggio in Perù. Ma è crollata subito. L’unico ingegnere in famiglia è ancora letto, con torcicollo. Poi finalmente mio figlio più piccolo decide di fare un sonnellino.
“E tu, figlio più grandicello, proprio non vuoi dormire neanche un po’? Allora cosa possiamo fare?”
“Mamma facciamo come Peppa Pig che aiuta Mamma Pig a scrivere al computer!”
A come Argo, il cane del nonno.
B come bacio.
G come Gruffalo.
5, il suo numero preferito.
M come mamma.
3 come i suoi anni.
S come salame; “I love salame, mamma!”
E così la pagina bianca che ho aperto sul mio portatile si copre di lettere e numeri. Poi parole e cifre. Di vari colori, grandezze e formati. Lui in braccio a me. A scrivere insieme. E un po’ di questa giornata, di Pasquetta piovosa, passa, tra una coccola e l’altra, a imparare l’alfabeto. Al computer. Già. Io, che difendo la carta e la matita dall’estinzione. Che con i miei figli disegno usando i pastelli a cera e coloro con tempere e pennarelli. Che amo leggere loro libri e lasciar loro girarne le pagine.
Oggi, invece di aprire un libro o guardare la manina di mio figlio tenere goffamente in mano un pennarello, ho acceso il computer. E al computer abbiamo imparato a riconoscere le lettere che compongono il suo nome. Domani le previsioni del tempo mettono pioggia, ancora. Di certo leggeremo qualche libro. Magari poi proveremo ancora a mettere insieme altre lettere, al computer.
di Valeria Camia
Mamma di due bimbi, con un marito sempre in viaggio per lavoro, scrive delle sue avventure e disavventure giornaliere in Svizzera
http://mammaimpara.blogspot.ch