Verso la fine del mese di novembre del 2013 io ed il mio compagno provammo per la prima volta ad avere un figlio.
Credevo che non sarei subito rimasta incinta, perché sapevo di avere le ovaie policistiche, ma quando effettuai il test gravidanza, a gennaio del 2014, il test risultò positivo. Fui da subito molto felice.
Le nausee non mi davano tregua, vomitavo in media due volte al giorno e inoltre l'ansia non mi abbandonava mai, ogni esame mi regalava qualche preoccupazione. Effettuai il bi-test, che risultò negativo nel complesso, ma aumentò il rischio di "trisomia 18". Così decisi di fare l'esame del DNA fetale, e per fortuna il bimbo era sano... sì bimbo, ERA UN MASCHIO!
Inoltre sembrava, dagli esami, che avessi una toxoplasmosi in corso. Per settimane andai in ospedale, nel reparto 'malattie infettive', ad effettuare vari prelievi. Ero distrutta e preoccupata e in più non potevo neanche prendere gli antibiotici perché li vomitavo subito dopo averli ingeriti.
Anche questo fu un falso allarme. Non avevo la toxoplasmosi: erano solo anticorpi che producevo io naturalmente e che poi sparirono... tutto negativo. Finalmente dopo 5 mesi stressanti la nausea passò ed iniziai a godermi la gravidanza.
Nel mese di luglio i miei piedi si gonfiarono moltissimo, mi entravano solo le ciabatte, ma non mi preoccupai, quando si è gravide nei mesi estivi è normale. Arrivò finalmente la 40esima settimana e l'emozione era tantissima: a breve avrei dovuto fare il primo tracciato.
Il 3 settembre mi svegliai per andare in ospedale e il destino mi dette il primo "segnale". Non so perché ma volli indossare i pantaloni "a pinocchietto". Eppure non mi piacciono i pinocchietti. In ospedale mi fecero l'eco e poi mi portarono a fare il primo tracciato: nessuna contrazione, non voleva ancora uscire.
Ebbi dopo poco il secondo segnale. Durante il monitoraggio, un'ostetrica notò che avevo una gamba più gonfia dell'altra.
Se non fosse stato per i pinocchietti, la dottoressa non avrebbe notato le gambe poiché indossavo sempre pantaloni lunghi e larghi. Mi mandò subito a fare un'eco doppler.
Risultato? TROMBOSI VENOSA PROFONDA. Sì, avevo proprio una trombosi. Scoppiai a piangere, non ci volevo credere. Mi ricoverarono subito. Io ero in stato confusionale: mi fecero una puntura di eparina, mi misero la calza anti-trombosi e mi spedirono in camera. La sera vennero molti dottori a visitarmi.
Mi dissero: "ti dobbiamo fare un cesareo in anestesia totale, con l'eparina non possiamo farti la spinale e ti dobbiamo inserire un filtro nella vena per evitare un'embolia polmonare. È un'operazione rischiosa, ma non possiamo fare altrimenti". Io ero così terrorizzata che non riuscivo neanche a piangere.
Il 5 mi operarono in tarda mattinata e alle 12:10 nacque mio figlio. Non lo vidi subito: mi portarono immediatamente in sala operatoria per togliere il filtro. Passai 24 ore in terapia intensiva e del mio piccolo avevo solo una foto. La guardavo in continuazione.
Mi sentivo sola, mi facevano compagnia soltanto i "bip" delle macchine a cui ero attaccata. Finalmente, dopo un intero giorno passato in solitudine, lo vidi. Era bellissimo e piccolo: uno scricciolo di 3.380 kg. Quando lo guardai per la prima volta, le paure cessarono immediatamente, subentrò l'Amore e mentre lo abbracciavo pensai: "insieme ce l'abbiamo fatta!".
di mamma Margherita
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