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Ho avuto un incidente in auto prima del parto. La cintura di sicurezza ha salvato la vita mia e di mia figlia

di mammenellarete - 19.10.2015 - Scrivici

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Fonte: Alamy.com
Salimmo in macchina per raggiungere l'ospedale. Ad un certo punto il navigatore disse che mancavano un chilometro e 100 metri. Svoltammo a sinistra. Non lo scorderò mai, come non scorderò il rumore di ruote che inchiodano sull'asfalto e il pensiero che si insinua in un attimo: "E' finita". Ci presero in pieno

Quel famoso giorno io non dovevo essere lì, su quella strada, non avrei neanche dovuto recarmi in quell'ospedale, ma spesso, si sa, la vita stravolge le nostre aspettative e i nostri piani. Ma andiamo con ordine.

Ad agosto del 2014 il mio compagno pronunciò la frase che aspettavo dall'inizio della nostra storia nel 2011: "Che ne dici se mettiamo la testa a posto e facciamo un figlio?" Il mio cuore ebbe un sussulto e cominciai a piangere per la gioia.

Cominciò così la ricerca di un figlio e il 17 dicembre scoprii di essere incinta. Tutto andò bene, la gravidanza andò avanti senza un problema, non ebbi nessun fastidio, neanche le tanto temute nausee.

Scoprimmo di aspettare una bimba, il sogno del suo papà. Insomma niente sembrava scalfire il nostro momento di felicità. Alla 34ma settimana però venimmo a sapere che la bimba era ancora podalica.

Decisi di non provare nessuna manovra. Mi dissi che se non si era girata un motivo c'era e non mi andava di stressarla e stressarmi inutilmente. Mi rassegnai quindi alla possibilità di un cesareo.

Contattai l'ospedale dove decisi di partorire. Faccio una premessa. Per lavoro mi trasferii qualche anno fa in provincia di Roma, a pochi chilometri in realtà dalla capitale. Qui gli ospedali, pur avendo ottimi reparti di maternità, sono sprovvisti di TIN, quindi decisi di partorire a Roma, in uno dei migliori ospedali per quanto riguarda maternità. Era lontano da casa nostra soltanto una quarantina di minuti di macchina.

Andai a vedere il reparto, parlai con ostetriche e capo sala. Mi dissero che non c'era problema se il mio ginecologo non lavorava da loro e che per il cesareo, avendo scadenza ad agosto in un periodo in cui non eseguivano interventi, avrei dovuto andare al pronto soccorso alla 38esima settimana più 3 giorni e mi avrebbero ricoverato.

Falso. Mi mandarono invece a casa a 38 settimane più tre giorni, dicendomi di tornare quando sarei arrivata a 39 settimane. La bimba stava bene e loro non avevano posto. Tornai quattro giorni dopo e decisero di rimandarmi di nuovo a casa. Troppe urgenze, non c'erano posti. Panico.

Chiamai una mia amica e lei si offrì di sentire il suo ginecologo e di farmi andare in un altro ospedale romano, anche questo molto qualificato. Dopo cinque minuti mi richiamò. Mi aspettavano, anche perché con la bimba podalica era meglio evitare di entrare in travaglio e io ero al termine, ogni giorno poteva essere quello giusto.

Io e il mio compagno salimmo in macchina. Pensai: "Mezz'ora e saremo in ospedale". Il navigatore disse che mancavano un chilometro e 100 metri. Svoltammo a sinistra. Non lo scorderò mai, come non scorderò il rumore di ruote che inchiodano sull'asfalto e il pensiero che si insinua in un attimo: "E' finita". Ci presero in pieno.

Rumore di lamiera. Schianto. Schianto. Schianto. Il mio compagno mi tenne e urlò: "Amore mio, amore mio!". La macchina si fermò addosso a qualcosa. Scesi sotto shock. Scalza. Una ragazza scese da un auto e mi urlò: "Tranquilla, sono della croce rossa". Mi girai. La macchina era contro un muro.

Chi ci aveva preso si fermò 100 metri più avanti. Correva sorpassando le macchine ferme dietro di noi. Ci aveva preso in pieno, agganciati lateralmente e mandati in testa coda, fino a quando la macchina era salita in retromarcia su un marciapiede e schiantata contro un muro.

Grazie a Dio non c'era nessuno. Grazie a Dio stavamo bene. Grazie a Dio avevo la cintura. Il mio compagno era sotto shock. Mi guardò. Piangeva. Gli dissi di stare tranquillo, non avevo battuto la pancia. Solo la spalla. La ragazza della croce rossa e la sua amica mi fecero sdraiare in macchina.

Non avevo perdite.

Chiamarono l'ambulanza, ma quando arrivò mi vollero portare in un altro ospedale. Ma mi aspettavano altrove, quindi le due ragazze, i mie angeli che quella mattina stavano andando in aeroporto per le vacanze, mi caricarono in macchina e mi portarono all'ospedale dove mi attendevano.

Il mio compagno restò da solo ad aspettare i vigili e sua sorella, che doveva venire a prenderlo. In tutto questo il 'tipo' che con cui avevamo fatto l'incidente non si era avvicinato neanche un secondo a vedere come stavo, nonostante non solo il mio compagno, ma anche la gente che si era fermata a soccorrerci, gli avessero detto che ero incinta.

In ospedale mi fecero ecografia e tracciato. Avevo le mie prime contrazioni, ma neanche le sentivo per lo shock. Lei per fortuna stava bene. Dormiva. Non si era accorta di nulla. La mattina dopo, alle 13.15 nacque con taglio cesareo la mia principessa.

Pesava 3 chili e 330 grammi, erano lunga 52 centimetri ed era ed è la fotocopia del papà. Chiara come il latte, bionda e con gli occhi chiari. E pensare che la gente scambia me per una cubana! La paura è durata giorni.

Ho pianto quando ero sola e quando nessuno poteva dirmi: 'E' tutto passato'. Raccomando a tutte di mettere la cintura in auto, fino alla fine. Tanti mi dicevano di lasciar stare, che mi poteva dar fastidio, ma io che fino a una settimana prima di partorire, guidavo ancora, mi ripetevo: "Ma se mi prendono chi ce lo ha il tempo di aggrapparsi? E a cosa poi?" Chissà forse me lo sentivo.

di Mary

(messaggio arrivato all'indirizzo email redazione@nostrofiglio.it)

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Aggiornato il 07.09.2017

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