Mamme nella rete: Dottoressa, che cos'è il Bi test?
Dott.ssa Antonella Spagnuolo: "Il bi test è un esame di screening statistico che utilizza una tecnica combinata: la rilevazione della translucenza nucale associata al dosaggio di due sostanze presenti nel circolo materno: Free-?-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza).
Associando alla rilevazione della NT il dosaggio plasmatico di Free-?-hCG e PAPP-A (si tratta di un semplice prelievo di pochi cc di sangue materno) la sensibilità dell’esame si avvicina al 90% e i falsi positivi si riducono ulteriormente (3-5%). L’epoca gestazionale in cui l’esame è consentito è naturalmente sovrapponibile all’epoca di rilevazione della NT di cui si è già detto.
Il calcolo del rischio statistico viene effettuato da software che prendono in considerazione la variabilità soggettiva materna e fetale per epoca gestazionale, per età materna, numero di precedenti gravidanze interrotte o portate a termine, razza, peso corporeo, abitudine al fumo, tendenza alla minaccia d’aborto con sanguinamento o terapie ormonali per ovviarlo, positività per precedenti figli con anomalie cromosomiche. Si può efettuare fra la 11esima e 14esima settimana."
Mamme nella rete: Che tipo di esame effettuiamo, invece, quando realizziamo un tri test, quali sono le differenze con il precedente?
Dott.sa Antonella Spagnuolo: "Il tri test non può essere effettuato prima della quindicesima settimana di gravidanza. Anche questo esame si attua con tecnica combinata: ecografia fetale e dosaggio di tre analiti materni. La rilevazione ecografica è semplice, rapida e non richiede personale specificamente addestrato: non si ricerca sul feto, come nel bi test, un fattore morfologico che correli con un rischio statistico aumentato per aneuploidie. L’ecografia si effettua per la sola rilevazione di parametri biometrici fetali come il diametro biparietale (BPD) utili a datare, con buona attendibilità, l’epoca gestazionale.
L’esatta valutazione di quest’ultima diventa importante per la stretta correlazione esistente con le curve dei range di normalità delle tre sostanze che si vanno a dosare su siero di sangue materno con un semplice prelievo: l’alfa-feto-proteina (AFP), l’estriolo non coniugato (uE3) e la gonadotropina corionica (hCG).
La valutazione combinata di questi tre analiti e di altri parametri (età materna, peso etc.) consente di individuare le donne con rischio statistico aumentato di partorire un feto affetto da difetti di chiusura del tubo neurale (TND, spina bifida), da trisomia 21 o da trisomia 18.
I TND sono malformazioni congenite del sistema nervoso centrale dovuti a difetti di chiusura del tubo neurale (colonna vertebrale) che danno esito a diversi gradi di gravità di handicap correlati all’entità e all’altezza del difetto di chiusura del tubo neurale e alla riuscita della correzione chirurgica delle alterazioni che questi comportano. Queste anomalie si determinano molto precocemente nella fase embriogenetica del feto ed è ormai dato consolidato che, la diminuzione dell’incidenza della patologia, è diminuita dall’assunzione di vitamine quali i folati, specie se assunti dalla madre, oltre che nel primo trimestre di gravidanza, anche qualche mese prima del concepimento.
Diventa inoltre importante dire, a proposito dello screening dei TND che, se si effettua solo il bi test, diventa essenziale dosare l’alfafeto-proteina alla 15-16esima settimana di gravidanza se, in questo periodo, non si effettua un controllo ecografico accurato della colonna vertebrale seguito da un controllo ecografico successivo attorno alla 20esima settimana (ecografia morfo-strutturale di 2° livello). Va detto che, anche col dosaggio della AFP, i falsi positivi per TND non mancano; meno frequenti sono i falsi negativi nello studio della morfologia fetale se l’esame viene condotto da personale qualificato. Una madre si considera a rischio aumentato di avere un feto affetto da TND quando nel suo siero vengano riscontrati valori di AFP superiori di 2.5 “multipli della mediana” (MoM) calcolata sui valori di feti normali.
Con il tri test si considera a rischio statistico aumentato per sindrome di Down, una donna la cui probabilità di avere un feto affetto sia superiore o uguale a 1/350 casi (è il rischio sovrapponibile a quello di una donna di 35 anni).
Come si è già detto il rischio è correlato all’età materna: a 28 anni è circa di 1/1352, a 30 anni di 1/895, a 38 anni di 1/167.
Anche il tri test presenta falsi negativi (feti affetti da trisomia 21 o18 che non vengono individuati) e falsi positivi (feti sani che vengono indicati dal test a rischio di essere malati). Il tri test è in grado di individuare solo 2 su 3 feti affetti da sindrome di Down e 3 su 4 con trisomia 18; i falsi positivi arrivano all’8.5%: su 100 donne con feto cromosomicamente normale, 8 o 9 vengono quindi inviate all’amniocentesi.
Mamme nella rete: E invece quando parliamo di ecografia genetica a cosa ci riferiamo?
Dott.ssa Spagnuolo: "L’ecografia “genetica” costituisce attualmente parte integrante di quell’esame ecografico definito come ecografia morfologica o strutturale. In considerazione dell’epoca gestazionale inoltrata (20-22 settimane), necessaria per la corretta esecuzione e per la relativa completezza dell’esame, si evince che l’ecografia genetica non può sicuramente costituire un metodo di screening elettivo per la valutazione di un aumento del rischio per anomalie genetiche; diventa comunque utile, laddove i campanelli di allarme delle metodiche di prima istanza (bi test, tri test) dovessero aver fallito (falsi negativi) o nei casi in cui la gestante non avesse avuto il modo di sottoporvisi.
E’ un esame che va effettuato da personale adeguatamente addestrato e condotto con ecografi di fascia medio-alta di recente generazione e il tempo necessario all’esecuzione corretta dell’esame varia da un minimo di 15 minuti a più di 1ora.
La presenza di anomalie strutturali, come indicatori di aumentato rischio statistico per sindrome di Down o altre anomalie cromosomiche, soprattutto se presenti in associazione tra loro, costituisce una accettata indicazione alla diagnosi prenatale invasiva (amniocentesi).Un numero discreto di feti con trisomia 21 non viene diagnosticato. Per questa ragione ha riscosso grande interesse la rilevazione (mediante ecografia finalizzata) dei segni ecografici indicati come soft markers.
I marcatori più comunemente studiati sono: la rilevazione di una plica nucale >/= 6 mm; l’individuazione di pielectasia >/= 4 mm; brevità relativa del femore rapporto femore misurato/atteso. La sensibilità dell’ecografia “genetica” varia dal 59 all’80% o più se si include lo studio della ricerca di malformazioni cardiache associate e due o più soft markers si rilevano in un terzo circa dei feti con trisomia 21. L’assenza di soft marker indica una diminuzione del rischio del 50-60%.
Questi esami, insieme alle prove di routine, possono essere molto importante per scoprire la presenza di anomalie, ma prima di considerare la possibilità di effettuarli è importante consultare il proprio ginecologo.