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Io 14 anni, lui 24: la nostra storia d'amore... con quattro figli!

di mammenellarete - 06.09.2016 - Scrivici

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Quando vidi per la prima volta mio marito mi persi nei suoi occhi verdi. Io 14 anni, lui 24, come poteva guardare proprio me? Eppure fu così e da quel giorno non ci siamo più lasciati. Ci siamo messi insieme, sono rimasta incinta a 15 anni e ho dovuto lottare per tenere con coraggio e testa alta quel bimbo tanto voluto. 

Era il 1998, frequentavo il primo anno di scuola superiore. Abitavo in una grande città.

Frequentavo dei coetanei di un paese vicino e la sera della vigilia di Natale sentii bussare alla porta di casa: erano loro, i miei amici di paese che vennero a sorpresa a farmi gli auguri di Natale.

Ad accompagnarli, c'era lui, quello che mi avrebbe cambiato la vita, l'uomo che avrei sposato.

Mi colpì subito la sua straordinaria bellezza e i suoi lucenti occhi verdi. Ci presentarono e gli chiesi quanti anni avesse, in quanto i miei amici erano tutti maggiorenni e lui guidava la macchina. Mi disse di avere 24 anni, dieci più di me!

Passammo un'ora insieme alla comitiva, dopo di che, tutti ad aspettare Babbo Natale, ognuno a casa propria.

Il sorriso e la gentilezza di lui mi rimasero impressi... Ma io avevo molti complessi, non mi sentivo molto carina e in più la mia situazione familiare non era delle migliori.

Passarano un po' di giorni e la sera della Vigilia di Capodanno sentii mio padre dire: "Sì, mia figlia è in casa", e scorsi sull'uscio della porta lui con altri due amici...

Ero felicissima, non so perché, ma lo ero. Sentivo un qualcosa di strano dentro di me.

Passammo un po' di tempo in giro per la città, io mi sedetti dietro e lui non faceva che guardarmi con i suoi occhi magnetici.

Mi accompagnarono a casa e lui mi disse: "Ti telefono dopo..."

Tornata a casa aspettai invano che il cellulare suonasse, ma così non fu.

Mi addormentai dopo i fuochi di mezzanotte...

Nel sonno sentii il cellulare suonare. Tutta assonnata risposi e mi sentii dire dall'altra parte: "Auguri bella!"

Riconobbi subito la sua voce e rimanemmo a parlare del più e del meno fino all'alba.

Nei giorni seguenti ero invasa da nuove emozioni ed una felicità mai conosciuta prima.

A quel tempo aiutavo alcuni compagnetti dei miei fratelli nel pomeriggio, riuscendo a guadagnare qualcosa. Mi piaceva la scuola ed ero molto brava, la tipica secchiona.

Una sera, mentre stavo aiutando tre bambini a svolgere i compiti, qualcuno bussò alla porta: era lui! Chiese a mia madre il permesso per potermi far uscire e lei disse di sì.

Salutai i miei bimbi, indossai le scarpe ed uscimmo in auto. Mi portò in giro a vedere i paesi che circondavano le città: non li avevo mai visti! I miei lavoravano tutti e due ed io e miei fratelli eravamo quasi sempre a casa soli.

Aveva tutto un altro modo di pensare lui veniva da una famiglia di contadini e si sa che i cittadini la pensano in modo diverso e più apertamente.

Ci fermammo in un bar e lui mi chiese se volessi diventare la sua fidanzata: rimasi sconvolta, non credevo possibile che un uomo bello come lui, desiderato da molte, potesse avere interesse per una ragazzina come me. Accettai era gennaio del 1999.

Da lì a poco conobbi la sua famiglia, non mi vedevano di buon occhio: io ero una ragazza di città, piccola d'età, con una madre straniera ed un padre vissuto per anni all'estero dove la vita e la mentalità erano altre e lui era pieno di tatuaggi. Sì, quelli che si facevano negli anni 70/80!

Mia madre invece era di larghe vedute e molto aperta.

Il tempo passò tra alti e bassi, ma l'amore che provavamo e proviamo ancora oggi ci fece andare avanti in modo felice.

Veniva a prendermi tutti i giorni a scuola e tutti nel quartiere conoscevano la nostra storia d'amore, persino i professori.

Non potevamo stare lontani l'uno dall'altra, dormivo spesso a casa sua.

Arrivò il giorno del mio 15mo compleanno: mi fece una sorpresa fantastica e a fine serata ci ritrovammo distesi su un prato a guardare le stelle.

A quel punto cominciai a raccontargli di quanto mi piacessero i bambini e sentii d'istinto che ciò che volevo di più dalla vita era una famiglia già a quella tenera età...

Ne avevo già passate molto, non ebbi una bella infanzia e questo mi rendeva più matura rispetto alla mia età.

Già a 7 anni mi ritrovai ad accudire i miei fratelli più piccoli di me, mia madre era sempre al lavoro e nel suo paese di origine era normale lasciare i figli a casa soli. Trovavo conforto nella lettura e nello studio che amavo e amo ancora.

Lui disse di amarmi e di voler passare la vita con me, ma aveva paura di fare un figlio per la mia età.

Era così educato che cominciammo a fare l'amore solo dopo quattro mesi che stavamo insieme. Era la prima volta per me e lui ci teneva molto a questo.

I giorni passavano ed io sentivo sempre di più un accentuato l' istinto materno.

Nell'ottobre del novantanove feci un piacere ad una mia cara amuca: badare al suo piccolo di un mese. Lei aveva 18 anni e frequentava l'ultimo anno di scuola.

Lui passava il pomeriggio a casa mia ed un giorno lo vidi piangere. Gli chiesi cosa fosse successo e lui rispose di essersi emozionato nel vedere con quanta cura e attenzione accudivo quel bimbo.

Un giorno mi disse: "Ok, voglio che tu sia la mia compagna di vita e la madre dei miei figli".

A metà dicembre del 1999 scoprii di essere incinta: ero al settimo cielo!

La prima persona a cui lo dissi fu mia madre.

Era scioccata, ma felice. Mi portò a fare una visita e scoprii di aspettare mio figlio da quasi un mese.

Arrivò lui alla sera e gli mostrai l'ecografia... la prima foto del nostro bambino.

Ne rimase felice! Era entusiasta, forse più di me.

Passarono Natale e Capodanno e decidemmo di dirlo anche ai suoi...

Da li cominciò un brutto periodo: loro non erano contenti, la madre e la sorella di lui mi dissero di abortire e io gli risposi che ero contro l'aborto in modo categorico e che quel figlio non fosse arrivato per caso, ma era stato voluto da entrambi. Lui rispose che la vita era sua e mai avrebbe fatto in modo di farmi del male.

All'inizio del terzo mese di gravidanza una mattina mi svegliai gridando dal dolore. Mia madre venne di corsa e si accorse che era in atto una perdita di sangue. Di corsa mi portò all'ospedale e da subito si accorsero che erano minacce di aborto.

Ero in panico, piangevo ed ebbi paura.

Mi trovai da lì a poco ricoverata con le flebo attaccate al braccio e con l'ordine assoluto di non muovermi, nemmeno per andare in bagno e di non agitarmi.

Saputo il tutto, il mio compagno arrivò da me spaventato e impaurito anche lui.

Dopo due giorni che ero ricoverata, arrivò una psicologa e chiese di parlarmi. Accettai e si mise a fare un sacco di domande su di me ad un certo punto mi disse: "Perché non prendi in considerazione l'idea di abortire? Sei giovane, vai bene a scuola e potresti avere un futuro brillante."

Rimasi scioccata e gli chiesi cortesemente di andare via.

La sera, durante l'orario di visita, si presentò il mio compagno e gli raccontai l'accaduto. Lui rimase in silenzio, lo vidi strano.

Non era lui e mi disse: "Forse la psicologa e i miei hanno ragione..."

Io non credetti che fosse proprio lui a dire ciò e piangendo gli urlai di andare via.

Il giorno dopo non si presentò ed io ero veramente triste e schifata da tutto ciò. I dottor,i le infermiere e le ostetriche erano tutti veramente molto gentili ed affettuosi con me, ormai tutto il reparto conosceva quella ragazzina incinta.

Lui si presentò il quarto giorno del mio ricovero, con in mano un mazzo di rose bianche e un paio di scarpette bianche da neonato in mano. Lì per lì rimasi emozionata, ma subito mi vennero in mente quelle parole che due giorni prima mi aveva detto. Mi chiese perdono piangendo e delicatamente scostò il lenzuolo che mi copriva e mi baciò il ventre. Mi disse che gli avevano riempito la testa e si fece trasportare dalle parole dei suoi.

Ricordo che le altre ricoverate batterono le mani: sembrò come la scena di un film.

Passò una settimana nella quale nessuno dei suoi venne a farmi visita. Il ginecologo mi visitò e mi disse di essere fuori pericolo. Finalmente tornai a casa.

I mesi trascorsero ed io frequentavo sempre più la sua famiglia. Vi chiederete, ma come? Beh, io sono una persona estremamente pacifista e non porto rancore.

La gente del paese così come gli altri parenti di lui gridavano allo scandalo, ma a me e a lui non importava. Il nostro piccolo cresceva in grembo e noi eravamo felici e innamorati più che mai...

Una mattina di settembre mi sveglio con lo stimolo di andare in bagno. Nell'alzarmi capii subito di aver rotto le acque. Mia madre balzò dal letto e corremmo in ospedale.

Incomincia il travaglio e lui arrivò ed insieme a lui anche i suoi.

Questa volta, non so perché, ma erano emozionati, eppure non era il primo nipote...

Un pensiero dolce mi passò per la mente. Nel vedere mia suocera supportare me e suo figlio i dissapori sembravano ormai passati.

Il travaglio durò fino a tarda sera e verso la mezzanotte nacque lui, il mio il nostro principe. Ero felicissima, tutto era andato bene ed il parto non era stato poi così tragico come mi fu raccontato.

Da subito ci fu un via vai di medici, ostetriche e infermieri. Tutti volevano vedere la Mascotte del reparto ginecologico. Venni infatti nominata così dal primario. Lui, il principino, pesava meno di tre chili. Un tesoro...

Tornai a casa dei miei con il mio angioletto tra le braccia e ad aspettarmi c'era il mio compagno che aveva organizzato una festa. Ed insieme a lui, i suoi!

Tutti erano felici e mi chiesero scusa per tutto ciò che avevano fatto.

Li perdonai.

Avevo sedici anni ed un fagottino da crescere ed accudire. Una nuova vita insieme tre mi aspettava.

Oggi ho 32 anni e il mio fagottino è diventato ormai un giovanotto.

Sono arrivati altri tre fratelli, tutti voluti con amore.

Io e il mio compagno, diventato in seguito mio marito, viviamo da diciott'anni la nostra storia d'amore.

Oggi come allora ci amiamo e rispettiamo ogni giorno di più.

Quel bambino all'inizio indesiderato divenne il preferito ed io ringrazio tutti i giorni DIO per avermi dato la forza di non cedere.

Oggi come oggi capisco in parte le parole di mia suocera e di mia cognata. In fondo non ero che una bambina. Ma io io volevo quel bimbo, fu cercato ed arrivò e DIO sa sempre quando mandare un dono di questi.

Un figlio è un dono e non va gettato.

Conosco molte ragazze che non hanno avuto la fortuna come me di scegliere.

Oggi sì sono donne, hanno figli, alcune hanno una carriera, ma... portano dietro un macigno.

Ritornassi indietro rifarei tutto.

Una mamma e moglie felice

(storia arrivata sulla nostra pagina Facebook)

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Aggiornato il 20.07.2017

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