Il pianto è una forma di comunicazione, quindi se il bambino piange non piange per nulla, ma per un motivo preciso. I neonati spesso piangono perché sentono la mancanza del contatto fisico, in effetti è molto difficile abituarsi ad un altro ambiente che non sia quello della pancia, soprattutto perché i ritmi sono cambiati e sono completamenti diversi.
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Contatto fisico
Innanzitutto, nella pancia il bambino viveva a stretto contatto con tutte le funzioni fisiologiche materne e quindi è anche abituato ad ascoltare il battito cardiaco materno. Fuori ha ancora memoria della vita nella pancia e quindi anche di quando andava a spasso con la mamma e delle sue abitudini fisiologiche. A volte quando piange, evidentemente, ha solo bisogno di avere un contatto fisico con la mamma e di sentirsi protetto. In questi casi è bene prenderlo in braccio e coccolarlo, di modo che l’avvicinamento alla pelle della mamma ed anche, magari, l’atto del cullarlo possa riprodurre le condizioni ideali vissute nella pancia.
Una facile soluzione al pianto per la mancanza di contatto fisico, soprattutto nelle ore del riposo, è di fasciare il bambino con una mussolina, in modo che il tessuto possa far vivere al piccolo la sensazione di protezione di un abbraccio.
Colichette
Un altro motivo per cui il bimbo piange può derivare dalle cosiddette colichette, a causa dell’aria nel pancino e nello stomaco. Per sopperire a questo “inconveniente”, è bene esercitare un massaggio sulla pancia in modo da distendere i muscoli addominali e far espellere l’aria. La passeggiata serve a tranquillizzarlo grazie al ritmo del passo.
Come interpretare il pianto?
Una mamma impara a conoscere il suo piccolo ed i suoi orari. Se proprio non riesce ad interpretarlo cominceranno a scoprirlo per tentativi, come: coccolarlo, massaggiarlo, cullarlo. Se ancora non si riesce a calmarlo provare con la camomilla, con latte caldo: la suzione è uno dei gesti più naturali ed istintivi che il piccolo possa compiere ed il ritmo ripetuto riesce a farlo anche addormentare.
Un ambiente circostante calmo serve a rilassarlo, a non innervosirlo: l’ideale sarebbe l’assenza di rumori troppo gravi e fastidiosi, oppure delle luci troppo fastidiose che possono disturbare il sonno o la sua calma mentre gioca. Con il passare del tempo, poi, i genitori cominceranno ad abituarsi al linguaggio del bambino e a capire il suo modo di comunicare.
Il problema, poi, andrà sempre più diminuendo man mano che il piccolo diventa più grande perché assume la piena responsabilità della parola ed è anche in grado di spiegare il suo problema non solo piangendo.
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