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Il rientro al lavoro

di Valentina Camen Chisari - 18.09.2013 - Scrivici

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Nel mese di aprile del 2012 rientrai a lavoro, Lorenzo all’epoca aveva nove mesi. Non fu affatto facile, fino ad allora infatti il nostro contatto era sempre stato “full time”, mai staccati l’uno dall’altra se non per qualche ora al massimo. Ma adesso di ore fuori da trascorrere ce ne sarebbero state sei e, già qualche mese prima, le lacrime avevano cominciato a solcare il mio viso. Non credevo che ce l’avrei fatta. Ero arrivata addirittura a sognare di vincere alla lotteria, <<Così non sarò più costretta a lavorare e potrò stare sempre con mio figlio>>. Ma, come previsto, non vi fu nessuna vincita milionaria e il rientro al lavoro si concretizzò sul serio. Ricordo che la sera prima scoppiai in lacrime sulle spalle di mio marito, ma come accade spesso, la realtà a volte è meno tremenda di come la si immagina. I primi giorni, i miei “uomini”

mi vennero a trovare spesso e capitava pure di pranzare insieme, così avevo anche modo di allattare mio figlio; gradatamente, poi, cominciai ad accettare la cosa e le visite a lavoro diminuirono, dopotutto avevamo la fortuna di non doverlo lasciare all’asilo nido in quanto riuscivamo a gestirlo tra di noi con l’aiuto anche di mia madre.

Di sicuro, il rientro al lavoro mi fece apprezzare ancora di più il tempo da trascorrere con Lorenzo, e imparai ad ottimizzarlo al massimo: dato che metà della giornata non saremmo stati insieme, l’altra però era tutta nostra e ce la saremmo goduta alla grande giocando, leggendo e facendo anche i lavori di casa in totale divertimento e pure con lo spirito di collaborazione!

Per i primi mesi non sapevo come fare per uscire di casa, avevo paura di suscitare una crisi di pianto e così, complici mio marito e mia madre, me ne andavo di nascosto facendo attenzione a non sbattere la porta. Una mia amica mi disse che aveva letto in un giornale che non era questo il metodo giusto ma che, al contrario, bisognava rendere partecipe il bambino ed evitare di prenderlo quasi in giro. Dentro di me sapevo che era questa la cosa giusta da fare, ma non sapevo come.

I fatti agirono da soli, in quanto un giorno Lorenzo si accorse che stavo per uscire e scoppiò in un pianto disperato, per calmarlo non uscì di casa a arrivai al lavoro tardissimo; capii, allora, che bisognava porre rimedio.

Il giorno dopo, infatti, gli dissi che stavo per andare a lavoro e mi raccomandai con lui di divertirsi col papà, Lorenzo mi guardò con gli occhi pieni di lacrime e mi abbracciò, poi mi fece “ciao” con la manina e andò nella stanzetta con suo padre.

Anche quella volta Lorenzo mi stupì, e mi innamorai sempre di più di mio figlio.

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