mi vennero a trovare spesso e capitava pure di pranzare insieme, così avevo anche modo di allattare mio figlio; gradatamente, poi, cominciai ad accettare la cosa e le visite a lavoro diminuirono, dopotutto avevamo la fortuna di non doverlo lasciare all’asilo nido in quanto riuscivamo a gestirlo tra di noi con l’aiuto anche di mia madre.
Di sicuro, il rientro al lavoro mi fece apprezzare ancora di più il tempo da trascorrere con Lorenzo, e imparai ad ottimizzarlo al massimo: dato che metà della giornata non saremmo stati insieme, l’altra però era tutta nostra e ce la saremmo goduta alla grande giocando, leggendo e facendo anche i lavori di casa in totale divertimento e pure con lo spirito di collaborazione!
Per i primi mesi non sapevo come fare per uscire di casa, avevo paura di suscitare una crisi di pianto e così, complici mio marito e mia madre, me ne andavo di nascosto facendo attenzione a non sbattere la porta. Una mia amica mi disse che aveva letto in un giornale che non era questo il metodo giusto ma che, al contrario, bisognava rendere partecipe il bambino ed evitare di prenderlo quasi in giro. Dentro di me sapevo che era questa la cosa giusta da fare, ma non sapevo come.
I fatti agirono da soli, in quanto un giorno Lorenzo si accorse che stavo per uscire e scoppiò in un pianto disperato, per calmarlo non uscì di casa a arrivai al lavoro tardissimo; capii, allora, che bisognava porre rimedio.
Il giorno dopo, infatti, gli dissi che stavo per andare a lavoro e mi raccomandai con lui di divertirsi col papà, Lorenzo mi guardò con gli occhi pieni di lacrime e mi abbracciò, poi mi fece “ciao” con la manina e andò nella stanzetta con suo padre.
Anche quella volta Lorenzo mi stupì, e mi innamorai sempre di più di mio figlio.
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