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Il primo e indimenticabile abbraccio di mia figlia

di Lucia Carluccio - 23.11.2016 - Scrivici

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Esattamente il 21 Maggio di nove anni fa io conobbi per la prima volta una cosa: conobbi il vero abbraccio. Dalle 5,40 di quel Lunedì l’abbraccio tra me e mia figlia non si è mai sciolto. Tagliato il cordone, se ne è creato uno più forte, fatto d’anima. Perché il vero abbraccio io l’ho conosciuto con lei.  

Avevo conosciuto l’abbraccio prima di quel 21 Maggio 2007.

Avevo conosciuto l’abbraccio di mia madre che profumava di lana e latte e mi aveva cullata appena nata. Non potevo ricordare quell’abbraccio, ma in un angolo della mia mente riposava il dolce ricordo, nell’inconscio mio e in quello collettivo dove si conservava l’abbraccio materno di tutti i bimbi del mondo.

Avevo conosciuto l’abbraccio di mio padre, quand’ero piccolina e mi teneva in braccio per giocare; giocava spesso con me il mio papà quand’ero una bambina, tra le sue braccia percepivo un affetto profondo e immenso, poi son cresciuta e non mi ha abbracciato più. Mio padre è un uomo introverso e si vergogna di abbracciare: per dimostrare l’affetto ti porta il caffè o prepara apposta per te un’insalata di pomodori e cetrioli.

Avevo conosciuto l’abbraccio di un’amica, ricco di complicità e di pazze condivisioni. L’abbraccio di un’amica alleggerisce il cuore, divide le pene di coetanee alleate. L’abbraccio di un’amica scioglie il riflesso di nodi interiori coi quali finalmente ti puoi confrontare.

Avevo conosciuto l’abbraccio di una sorella, stesso sangue, stessa famiglia, un abbraccio che conferma e afferma un affetto naturale.

E avevo conosciuto l’abbraccio dell’amore, e lasciatemelo dire, dopo quello credevo che abbraccio più emozionante non avrei conosciuto. E invece mi sbagliavo.

Capii di essermi sbagliata in quel maggio del 2007, all’alba, precisamente pochi secondi dopo le 5,40. Sembra strano che l’abbraccio più bello di tutta una vita venga preceduto da grida atroci che lamentano dolori lancinanti, ma fu proprio così.

Si ruppero le acque che mi ero appena messa a letto, dopo aver festeggiato un’amica che compiva 18 anni. Avevo 23 anni appena compiuti ed era la mia prima figlia quella che stava per nascere, quindi non capii cosa fosse quando sentii del liquido che mi bagnava senza che riuscissi a trattenerlo.

Mancava una settimana alla data prevista del parto e mi stupii quando, una volta alzata, una pozza di acqua ricoprì il pavimento.

"Si... si sono... si sono rotte le acque...", dissi a mio marito. Quello che accadde dopo fu un continuo accelerare. Dapprima mi stupii di non provare alcun dolore. Ma non prima di abituarmi alla tranquillità, stesa sul lettino dell’ospedale, i dolori cominciarono, ed io non pensai più a nulla se non a quei dolori che furono davvero terribili.

Non credo che i dolori del parto siano di uguale intensità per ogni donna. Ho ascoltato chi sosteneva di aver sofferto ma non tremendamente come era successo a me o chi confermava la mia esperienza. Pregai più volte l’ostetrica (che si chiamava Lucia come me e aveva un sorriso molto rassicurante) di fare un parto cesareo, dicevo di non potercela fare … Lo pensavo davvero! Sono una tipa coraggiosa, ma davanti a quel dolore (non ne avevo mai conosciuto uno così) mi feci piccola piccola.

Ogni volta che mi dicevano di spingere era come colpirmi su una ferita aperta, ma neanche potevo sottrarmi dallo spingere perché in quel caso era peggio. C’era qualcosa che esplodeva in me. Sentivo davvero “la forza della natura”, della vita, INCONTENIBILE, era lei , era ANNA che voleva nascere, era arrivato il suo momento e io non potevo far altro che spingere.

Gocce di sudore mi riempivano la fronte, c’era mio marito, c’era il dottore, ma io pian piano non vedevo più nessuno. Davvero ci fu un momento in cui credetti di non farcela. Ma ricordo che fu proprio in quel momento che sentii (come in lontananza) : “La testaaaa … La testa eccolaaa”.

La testa! Quella era la testa della mia bambina! Era lì! Fu come essermene resa conto in quel momento, come se in un momento prima il dolore avesse cancellato ogni consapevolezza… Sentire che la testolina della mia bambina era lì mi fece invadere da una forza che credevo perduta, iniziai a spingere, a spingere non so quanto... così tanto che il dottore diceva: “Piano, piano… aspetta”.

Ma io no, spinsi e urlai con un impeto che mi stupì… Passò poco, davvero poco da quelle spinte feroci che contenevano tutto l’amore del mondo e di tutto il senso della vita… E poi sentii il suo corpo uscire, veloce grande e vigoroso… E poi silenzio, qualche secondo di silenzio... e poi il suo pianto, il suo bellissimo, candido pianto.

Sì, Anna era nata, e più nulla importava. Ci fu un momento, il momento in cui misero Anna tra le mie braccia. E fu un momento che io non dimenticherò mai. La guardai quasi timorosa e fu come averla sempre vista. Aprii i suoi occhi grandi, sembravano sapere già tutto, avevano uno sguardo profondo che quasi mi imbarazzò e sussurrai timida: "Ciao". C’è chi dice che è l’anima del figlio a scegliere i propri genitori…

E se così fosse stato io mi sentivo più piccola di lei e mi chiedevo se avesse fatto bene a scegliere proprio me. Non dimenticherò mai quello sguardo. È lo sguardo che sempre le scorgo quando mi scruta, quando osserva il mondo e sembra sapere già tutto. Ogni volta rivedo lo sguardo di quel giorno lì.

E in quel 21 Maggio di nove anni fa io conobbi una cosa: conobbi il vero abbraccio. Nella vita si arrivano a provare emozioni che nessuna parola può rappresentare, e perdonatemi se questo testo sarà inadeguato, ma io non so descrivere l’abbraccio verso un figlio. Le mie braccia intorno al suo corpicino erano diventate immense, ma proprio immense, mi sembrò di contenere l’intero universo e le stelle erano tutte in lei e il profumo era meraviglioso. L’attaccai al seno dopo qualche ora e mi sentii tanto fiera di nutrirla. Ogni volta che piangeva e voleva il mio latte, correvo gioiosa come chi corre ad aprire un desiderato dono, col seno dolorante già pieno di latte e glielo davo. Il seno si sgonfiava e lei si riempiva, ogni tre ore, in una sintonia perfetta. L’abbracciavo non solo quando la coccolavo tra le mie braccia, ma anche quando la allattavo, in quell’unione silenziosa piena di piacere.

Dalle 5,40 di quel Lunedì l’abbraccio tra me e mia figlia non si è mai sciolto. Tagliato il cordone se ne è creato uno più forte, fatto d’anima. Perché il vero abbraccio io l’ho conosciuto con lei.

di Lucia Carluccio

Sull’autrice

Lucia Carluccio è studiosa dell’universo infantile, poetessa e mamma di due bambini. Insegna e vive in provincia di Milano.

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Aggiornato il 21.08.2018

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