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Grave asfissia neonatale. La mia Grande Guerriera ha superato incredibili sfide

di mammenellarete - 14.03.2018 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Mia figlia nacque alla trentanovesima settimana. Subito dopo la nascita fu vittima di una grave ischemia ipossico-ischemica, più comunemente definita 'grave asfissia neonatale'. Era nata completamente immobile, bradicardica e con la respirazione quasi assente. Fu subito intubata in sala operatoria stessa e trasferita in Tin. Oggi sta meglio e ha oltrepassato tanti ostacoli, ma ancora la cartella clinica non è chiusa, ancora ci aspettano dei controlli. Ma la mia Grande Guerriera ha superato sfide più complicate e supererà tutto egregiamente.

Era il 15 Gennaio 2016 ed ero alla 39esima settimana della mia seconda gravidanza. L'avevo portata avanti senza grossi problemi. Quel giorno iniziai ad avere delle contrazioni, che diventavano sempre più forti ed erano irregolari. Le ebbi per tutta la notte, fino alle 5 del giorno successivo.

Alle 7 decidemmo con mio marito di recarci in clinica. Dal primo tracciato fu subito evidente un'accelerazione del battito cardiaco della bambina. Aspettarono e poi mi fecero un secondo tracciato, dal quale era chiaro che la situazione continuava a peggiorare.

Decisero di intervenire subito con un TC, ma le sale operatorie erano occupate. Entrai alle 12.30 circa. Ero felice, aspettavo il primo vagito della mia piccola... Ma... silenzio. Le lancette dell'orologio che era appeso di fronte a me correvano inesorabilmente. Vedevo i dottori che si muovevano e che lavoravano senza sosta.

Poi ricordo che l'anestesista si avvicinò e mi disse di fare un grosso respiro perché la bambina stava per nascere. Mi appoggiò una mascherina sopra e poi... non ricordo più nulla. Mi svegliai che ero ancora in sala operatoria.

Le infermiere mi fecero gli auguri e io, incuriosita, chiesi se fosse già nata la bambina. Loro furono molto evasive nel rispondermi ed io, intontita, non ci feci molto caso. Fuori non trovai nessuno, solo mia madre con due occhi pieni di lacrime... della bambina neanche l'ombra.

La sera, quando vidi mio marito, iniziai a capire, anche se non mi dissero tutto subito. Non potrò mai dimenticare le parole di mio marito: "Amore, Carlotta è nata. Ma è in coma..." Credo in quel momento di aver odiato il mondo, l'universo. Tutti!

Lui parlava, ma io non lo sentivo... Sentivo solo un dolore che mi lacerava dentro. Non capivo, non riuscivo ad alzarmi. Il giorno dopo mia mamma, spianando la strada, mi fece capire che dovevano passare 12 ore prima di scongiurare ogni pericolo.

Perché la bimba poteva non farcela. Passarono le ore.

Io non sapevo neanche che faccia avesse mia figlia. L'avevo portata in grembo per 39 settimane e me l'avevano strappata via. La sera mio marito mi spiegò bene.

Carlotta era stata vittima di una grave ischemia ipossico-ischemica, più comunemente definita 'grave asfissia neonatale'. Era nata completamente immobile, bradicardica e con la respirazione quasi assente. Indice di apgar 4. Fu intubata in sala operatoria stessa e trasferita alla prima Tin.

Aveva avuto convulsioni e il primo elettroencefalogramma era risultato disastroso, perciò i medici avevano deciso di intraprendere la strada dell'ipotermia celebrale e di un conseguente coma farmacologico.

Il quarto giorno dopo il parto mi dimisero. Alle 14 entrai in ospedale e varcai quella porta. Mio marito mi aiutò nella vestizione. Cuffia, camice, copriscarpe, guanti. Il mio cuore sanguinava dal dolore... Le mani tremavano. Il neonatologo di turno preferì prepararmi alla realtà che mi sarei trovata davanti. Ma come la prima volta, lui parlava e io sentivo solo il rumore del mio dolore.

Arrivai un quella stanza, 12 cullette termiche... Ma lei era lì. Ferma, immobile, bella, bellissima, nonostante i suoi 11 tubicini che uscivano da ogni parte, nonostante quel caschetto blu che aveva sulla testa. Non potevamo toccarla per non alterare la funzionalità elettrica celebrale. Potevo solo, finalmente, vederla.

Ci prospettarono subito tutte le possibilità. Mi informarono che la bambina aveva già avuto una prima trasfusione di plasma, mi dissero che era stato un intervento non curativo, ma che evitava ulteriori danni neurologici. Finite le 72 ore iniziò il processo inverso, ossia di riscaldamento. Avrebbero aumentato la temperatura corporea di mezzo grado ogni 2 ore. Eravamo costantemente in contatto con i medici della terapia intensiva neonatale, dalla quale ci aggiornavano. Era il momento più delicato.

Martedì mi dissero che se le cose fossero andate bene, la bimba si sarebbe risvegliata e che avrebbe aperto gli occhi per la prima volta domenica.

Invece giovedì, alle 15, quando arrivammo, piano piano assistemmo al suo "risveglio". E da lì ci furono tanti alti e bassi. A una notizia bella ne seguirono 2 brutte. Elettroencefalogramma ancora non buono e dotto di botallo aperto, ma lei era lì...

Ci informarono che l'avrebbero dovuta sottoporre ad una risonanza in anestesia totale all'encefalo. Quella ci avrebbe detto quali erano i danni celebrali certi. Era un susseguirsi di angoscia e paura. La prima risonanza fu fatta e evidenziava alcuni edemi vasogenici nella materia bianca. Oramai ero pronta a tutto. Non m'importava più nulla.

Mia figlia era fuori pericolo ed il resto non contava nulla. Affrontammo visite neurologiche mensili con le peggiori prospettive. "Non sappiamo se riuscirà a stare seduta, non sappiamo se riuscirà a gattonare, camminare, parlare...", dicevano i medici. Vivemmo due anni di angoscia, con la paura per ogni tappa.

Facemmo la seconda risonanza. Gli edemi erano oramai molto piccoli rispetto alla materia bianca. Ci dissero che la cura anticonvulsivante finalmente si poteva sospendere. Ma sempre con l'ansia di possibili convulsioni. Le visite neurologiche divennero sempre più lontane.

Ad oggi purtroppo ancora la cartella clinica non è chiusa, ancora ci aspettano dei controlli. Ma la mia Grande Guerriera ha superato sfide più complicate e supererà tutto egregiamente. Lei è qui ed è forse un miracolo, forse la bravura dei medici... Mi ha fatto conoscere la paura, quella vera... Sono stati momenti che purtroppo non dimenticheremo mai. La nascita di un figlio non dovrebbe mai portare lacrime di dolore. Ma poi guardo il suo sorriso, osservo il suo sguardo e penso che da Lei posso solo imparare la sua voglia di VITA.

di Bianca

(storia arrivata sulla pagina Facebook)

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