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Il mio bimbo è autistico. Migliora ogni giorno di più ed è la mia forza

di mammenellarete - 26.03.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Ormai sono passati tre anni dal giorno in cui mi dissero che mio figlio era autistico. Ho imparato come comportarmi, trovato strategie e modi di comunicare con lui, che migliora ogni giorno di più ed è la mia forza e il mio esempio ogni giorno che passa. Siamo complici, siamo testoni, siamo mamma e figlio. È un miracolo. Tutto questo per dire che nulla è impossibile, basta crederci e agire.  

Credo di non averne mai parlato liberamente. Più che per la sindrome di mio figlio (della quale ne sono sempre più cosciente, giorno dopo giorno), l'ho fatto per la storia burrascosa e problematica con il padre.

Sono stati anni difficili, essere aperta mentalmente può essere un pregio ma anche un difetto allo stesso tempo, in quanto più esposta alla comprensione e ai modi di pensare altrui, e quando subentrano i sentimenti la mente si annebbia e si perde la strada.

In questo senso la mia gravidanza non è stata delle più felici: io contro lui e sua mamma. Sempre. Quando stavo male stringevo il mio pancione e sentivo che mi abbracciava. Dopo 9 mesi sempre più burrascosi, poco dopo il mio 24esimo compleanno, è nato un lui (già, non avevo voluto sapere il sesso fino alla nascita). Il mio lui, la mia forza, mio figlio.

A differenza delle altre madri, ero sì felice del fatto che finalmente potevo stringerlo tra le mie braccia, ma allo stesso tempo mi sentivo in colpa per i nove mesi che gli avevo fatto passare tra discussioni, litigi e tensioni continue, senza tregua.

Già a sei mesi faticavo a gestirlo, mi ero messa in testa che non ero adeguata a fare la madre, non riuscivo ad essere in grado di capirlo, lo guardavo e piangevo, reduce del passato e del presente che stavo ancora vivendo.

Iniziai ad andare da una psicologa per capire come evitare che puntasse sempre gli spigoli ogni volta che si arrabbiava. Protetti gli spigoli, cominciò con testate sul pavimento.

Questa psicologa, siccome il bambino a due anni non diceva ancora una parola, non poteva seguirlo, quindi mi indirizzò verso la neuropsichiatria infantile. Tanti mi dissero frasi saccenti come "Ma non devi fare così", "Ma una madre sa sempre cosa vuole suo figlio", "Prova a fare così, sai di figli ne ho avuti prima di te".

Ero veramente stanca, così, contro lo scetticismo e il disappunto che mi circondava, riuscii a convincere suo padre per prendere un appuntamento dalla neuropsichiatra. Da qui alla relazione passarono altri 9 mesi, dove tutti mi rassicuravano: "Non avrà nulla", "Tranquilla ti avrebbero chiamato", "Vedi che sei fissata che ha problemi, ma è solo un bambino".

Sì, solo un bambino. Mio figlio: autistico. Grave. Psichico. Di un problema fisico nemmeno l'ombra, aveva sempre camminato da quando aveva 8 mesi, correva, non era mai caduto di viso, equilibrio da invidia. Finalmente avevo una risposta, finalmente potevo dare uno schiaffo a tutte le parole e le critiche che mi erano state fatte dall'altra parte.

Finalmente sapevo cosa fare: a parte la sfilza burocratica tra visite e richieste, mi feci forza e mi separai, perché non ero la pazza né la stupida né la viziata che mi avevano convinto di essere.

Ormai sono passati 3 anni da quel giorno, ho imparato come comportarmi con mio figlio, trovato strategie e modi di comunicare con lui, che migliora ogni giorno di più ed è la mia forza e il mio esempio ogni giorno che passa.

Ci sarà sempre da lavorare e mai da stancarsi, ci sorreggiamo a vicenda, come ogni coppia dovrebbe fare. Siamo complici, siamo testoni, siamo mamma e figlio. È un miracolo. Tutto questo per dire che nulla è impossibile, basta crederci e agire.

di Giada

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