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Perché lo psicologo non vuole che tuo figlio impari a leggere

di mammenellarete - 25.01.2016 - Scrivici

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Fonte: alamy.com/it
Spesso il lettore dislessico si ferma al “leggo per capire”, senza mai darsi la possibilità di arrivare al “leggo per piacere”. La frustrazione che nasce nei primi anni di scuola, generata dalla costrizione a fare cose che non si riescono a fare facilmente, porta troppo spesso molti ragazzi a smettere di leggere. Ecco perché nei primi anni di apprendimento è fondamentale potenziare. Ovvero permettere di sbagliare, imparare, toccare con mano e crescere. Altrimenti è come dare una stampella per tutta la vita. Ecco le riflessioni di Valentina, ideatrice del progetto  W LA DISLESSIA!  

Appartieni anche tu ai genitori del “tutto e subito”, basta che non si faccia fatica?

No? Allora continua a leggere.

Oggi ti parlerò, da dislessica (e da chi come ha studiato psicologia), di un tema che mi è molto caro perché l’ho vissuto sulla mia pelle, ovvero di uno strumento purtroppo abusato da molti psicologi e neuropsicologi che si chiama “leggi per me”.

Tuo figlio ha difficoltà a leggere? E’ dislessico? Impiega troppo tempo rispetto alle aspettative degli insegnanti o ai suoi compagni?

Ecco allora la corsa a trovare la moda del tempo, che alleggerisca il lavoro della famiglia (e anche del ragazzo per amor del cielo), ma che poi a lungo termine fa più danni che altro.

Attenzione: non sto dicendo che non sia ok in termini assoluti, ma voglio fare delle precisazioni doverose.

Intanto, partiamo dall’inizio: cos’è il “leggi per me”?

“Leggi per me” è un programma di sintesi vocale che dovrebbe servire a un ragazzo dislessico per leggere (o meglio ascoltare QUALCOSA che legge). Dico qualcosa e non qualcuno perché la sintesi vocale è un suono non particolarmente piacevole (non è un lettore UMANO per intenderci). I commenti dei ragazzi che hanno potuto provarlo: “è così brutta la voce metallica che piuttosto faccio a meno”, “è impossibile ascoltarlo con quella voce! Io non riesco a seguirlo.”

Ma oltre all’espetto estetico (è una voce oggettivamente brutta), credo sia più importante l’aspetto dell’apprendimento.

Se, fin da piccolo, tuo figlio è abituato ad utilizzare il “leggi per me”, non imparerà mai ad essere autonomo. “Eh ma quello del convegno ha detto che il computer è il futuro e che per un dislessico è l’unica possibilità di riuscire a scuola!”

E’ come dire che un ragazzo non può migliorare.

Il problema, per un genitore che sente certi discorsi o legge determinati articoli, è questa sembra essere l’unica soluzione.

Ma non è così! L’errore di fondo è pensare che la dislessia, nel tempo, non cambi.

La dislessia resta una caratteristica determinante in una persona (non sparisce e non GUARISCE, come qualcuno si ostina a scrivere), ma cambia nel tempo, perché i ragazzi stessi cambiano, crescono e imparano cose nuove. Si modificano, quindi, anche le loro competenze, sempre che continuino a leggere. Se un bambino smette di leggere a 8 o 9 anni, è ovvio che non migliorerà mai.

Questo non significa che lo stesso bambino da adulto, se continua a leggere, sarà un lettore allo stesso livello di tutti agli altri (magari non leggerà volentieri ad alta voce durante un convegno o a messa.).

Ma sarà sicuramente molto più autonomo e competente di quanto non poteva essere a 8 anni! Vogliamo davvero impedirgli per sempre di crescere, migliorare e di mettersi alla prova?

Mi è capitato di recente che un genitore sia venuto da me con questo dubbio: mio figlio ha usato il “leggi per me” finora, ma è l’unico strumento utile?

Ho lavorato con il ragazzo perché riuscisse, seppur con difficoltà, a leggere in modo indipendente e a fare da solo le mappe mentali per studiare e per ricordare con più facilità le cose. Ovviamente serve che sia sostenuto, sicuramente impiegherà del tempo per lavorare in autonomia, ma ora:

1) Posso far sì che impari ad organizzarsi in modo più efficace.

2) Posso rispettare i tempi del ragazzo, che il più delle volte non sono i miei. Forse avrà bisogno di fare diverse pause o staccare più spesso, ma se questo non è un problema per lui, perché dovrebbe diventarlo per te?

Il risultato di questo processo richiederà più impegno e più tempo ma, col tempo, avrà portato ad una maggiore autonomia.

Un ragazzo che PUO’ SCEGLIERE di leggere, sarà un ragazzo che, in futuro, potrà valutare e analizzare da solo un contratto di lavoro, potrà in autonomia leggere un’etichetta del supermercato, rispondere con calma ad una mail.

La parola chiave è scegliere! Questo non significa che non possa decidere di usare dei supporti con testi più lunghi o più complessi.

Ad esempio, alle scuole superiori si possono trovare gli audiolibri della maggior parte delle grandi opere (esistono splendide versioni di Dante o Leopardi lette da Vittorio Gassman o Gigi Proietti e sono pressoché tutte gratuite). ATTENZIONE non hanno una voce metallica, ma delle grandi voci.

La nostra Ilenia ad esempio, nonostante si sia sempre impegnata a trovare delle strategie di lettura (riuscendoci peraltro), ha spesso usato gli audiolibri per leggere i classici della letteratura. E per la maturità sono stati la sua salvezza con Svevo.

Il problema è che se non si continua a lavorare anche sulla lettura o la scrittura, si perde completamente il contatto con l’apprendimento reale: fatto di fogli di carta, penne e matite, insegnanti che parlano. La lezione frontale è statica e prevalentemente lenta, mentre la tecnologia è sicuramente molto più accattivante, ma allo stesso tempo disorientante.

E poi se inizio con il “leggi per me” già a 8-9 anni, perché a 15-16 anni dovrei ricominciare a leggere da solo?

Nei primi anni del percorso scolastico è molto meglio lavorare sul potenziamento.

Qui è essenziale che il bambino abbia un approccio positivo alla lettura: al mondo delle lettere, dei suoni e dei libri.

E in questo sei fondamentale tu, genitore! Se non ti vedrà mai leggere (e a leggere con lui e per lui) perché dovrebbe farlo?

Gli anni successivi, dalla terza alla quinta elementare, è importante che inizi a sperimentare e a rinforzare in modi diversi le sue abilità. Se per un bambino oggi leggere è frustrante, l’esperienza della lettura non può continuare ad essere legata unicamente all’esercizio: “leggi ancora, leggi di più, esercitati a leggere almeno due (tre, quattro, cinque) paginette ogni giorno”.

La lettura non è una medicina o un integratore vitaminico che va assunto con regolarità! E’ un’esperienza con una fortissima valenza emotiva, e questa va considerata e tenuta sempre al primo posto.

Se “inquiniamo” quegli anni di apprendimento con l’uso totale di strumenti informatici, stiamo in realtà creando una grossa difficoltà al bambino.

Fai in modo che tuo figlio inizi a leggere per scoperta: fai insieme a lui dei giochi che non abbiano la lettura come fine, ma come mezzo.

La cosa importante è che si possa trovare una consegna facile di una – massimo due righe- e poi ci sia subito il passaggio al gioco e alla scoperta. Questo permetterà di approcciarsi alla lettura e avvicinarsi ad essa con uno stato d’animo diverso, ed è proprio questa la cosa fondamentale.

Se vuoi saperne di più ti ricordo che abbiamo dedicato un’intera sezione del nostro libro W LA DISLESSIA! all’uso dei giochi per apprendere.

L’altro errore di fondo nasce dall’idea – distorta- che esista un unico tipo di lettura.

O sai leggere, o non sai leggere.

In realtà, non è proprio così: tutti noi, quando ci troviamo a leggere di argomenti che ci sono familiari o sui quali ci sentiamo in qualche modo competenti, leggiamo in modo molto diverso di quando affrontiamo un testo dal linguaggio tecnico, “burocratico”, o che riguarda temi per noi poco noti.

In questi caso è naturale sentirsi più in tensione: sappiamo di avere davanti a noi qualcosa di più complesso e al quale dovremo prestare una maggiore attenzione.

Stai leggendo per capire, stai leggendo per piacere o per studiare?

Sono tre tipi di lettura completamente diversa: e se leggo per piacere, posso sbagliare continuamente ma, se colgo il significato complessivo di quello che leggo, gli errori passeranno in secondo piano.

Prova a pensare questo: tutti noi abbiamo avuto qualcuno che, quando eravamo bambini, ci leggeva le fiabe. Le stesse fiabe che magari tu oggi leggi a tuo figlio, contengono moltissime parole che i bambini non conoscono. Sono scritte volutamente in questo modo per ampliare il loro vocabolario e introdurre termini nuovi.

Ma nessuno di noi, nell’ascoltare, interrompeva continuamente il genitore per chiedere il significato di questa o quella parola o perché era troppo frustrato dal fatto di non capire esattamente tutto.

La parte bella della lettura era la lettura stessa.

E così, da bambini, eravamo in grado di gestire moltissime altre attività senza dover capire ASSOLUTAMENTE TUTTO. Guardavamo i cartoni animati e cantavamo le sigle inventando la maggior parte del testo. Quanti di voi sarebbero pronti a giurare che la sigla di Heidi fosse sempre: “Heidi, Heidi, ti sorridono i monti?”

E invece, no! Perché nella prima strofa era “Heidi, Heidi, il tuo nido è sui monti” ! ;-D

Quando però inizia la scuola, gli insegnanti iniziano a farci domande sempre più dettagliate sul contenuto di quello che abbiamo letto e ci obbligano ad interminabili riassunti e “comprensioni del testo”. Così, dimentichiamo completamente il senso della lettura per piacere e iniziamo a credere che anche per studiare, l’unica soluzione sia quella di leggere, capire e sapere tutto.

Spesso però, il lettore dislessico si ferma al “leggo per capire”, senza mai darsi la possibilità di arrivare al “leggo per piacere”.

La frustrazione che nasce nei primi anni di scuola, che è generata non tanto dalle difficoltà, ma dalla costrizione a fare cose che non si riescono a fare facilmente, porta troppo spesso molti ragazzi a smettere di leggere! E io sono stanca di vederli stare male.

Il leggi per me non fa altro che aumentare la frustrazione, dando a tuo figlio l’idea che dovrà sempre avere bisogno di qualcuno che legga per lui, perché da solo non ce la farà mai.

Ma tu vuoi davvero questo? Vuoi essere complice di questa sua progressiva sfiducia nelle sue capacità?

Con questo non sto dicendo che non possa essere utile anche uno strumento esterno, ma nei primi anni di apprendimento è fondamentale POTENZIARE! Ovvero permettere di sbagliare, imparare, toccare con mano e crescere. Altrimenti è come dare una stampella per tutta la vita.

– Ma tu sei fortunata! – mi dirai: se però giorno lavoro con ragazzi dislessici e con tutti lavoriamo sulla lettura, sul potenziamento delle loro capacità, forse non è solo fortuna. Non trovi?

La realtà è che a volte viene scelta la soluzione più comoda!

La realtà è che a volte si sceglie per il proprio bene, o per quello della scuola, non per quello dei figli o studenti!

La realtà è che prima o poi i nodi arrivano al pettine, quindi molto meglio affrontare le cose al momento adatto.

Ti lascio con una frase di Cecilia, dislessica come me, sul “leggi per me”: “Mamma perché devo usare i libri per i ciechi? Io ci vedo, voglio leggere!”

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di Valentina

Sull'autrice

Sono Valentina Conte e mi occupo di apprendimento praticamente da.. sempre! Ovvero, da quando ho scoperto di essere dislessica e ho capito perché studiare per me era una sofferenza costante. Il mio percorso è iniziato proprio in quegli anni e mi ha portato a capire che, non solo potevo trovare il modo giusto per studiare, ma potevo anche puntare a realizzare qualcosa di importante.

Mi sono così laureata in Psicologia dell’Educazione e da anni lavoro con l’obiettivo di aiutare i bambini e i ragazzi a raggiungere la consapevolezza delle proprie capacità e talenti. I loro successi e la mia personale storia di difficoltà, hanno dato il via al progetto W LA DISLESSIA!

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