Mel Levine, l’autore del libro “I bambini non sono pigri” avrebbe molto da contestare su questi giudizi. L’atteggiamento apparentemente svogliato di un bambino può essere la punta dell’iceberg sotto il quale si nascondo problemi di apprendimento.
Ma così non si rischia di restare tutti intrappolati in una eccessiva medicalizzazione? Secondo Levine, la ricerca delle cause di uno scarso rendimento scolastico deve essere propositiva, mirando a trasformare i punti deboli in obiettivi su cui lavorare con i bambini e non etichette in cui rinchiuderli. Tutti i bambini hanno bisogno di sentirsi capaci, senza perdere la loro autostima di fronte a un voto negativo.
Avere un'eccessiva attenzione al voto rischia di minare l'autostima del bambino
Il voto è il giudizio dato al rendimento scolastico e non al bambino. Se il voto non viene interpretato per quello che è rischia di ledere l’autostima del bambino. Possiamo provare a staccare, almeno nei discorsi in casa, l’attenzione ossessiva per i voti. Ad esempio, per informarci su una verifica possiamo chiedere a nostro figlio: “Com’è andata? Eri preparato abbastanza? Hai avuto difficoltà?” anziché: “Che voto hai preso?”.
In questo modo si instaura un dialogo basato sugli obiettivi dello studio, sulle problematiche che possono sorgere. Cerchiamo il tempo per recuperare le nozioni che forse non erano chiare e riprovare a fare esercizi finché il bambino non avrà la soddisfazione di poter dire: “Ci sono riuscito!”.
Nella vita quotidiana sono molte le occasioni in cui un genitore attento potrà cercare di aiutare il proprio figlio a rinforzare la propria autostima, partendo anche dalla comunicazione tra loro.
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Ogni bambino ha i suoi tempi di apprendimento. Evitare i confronti con gli altri
Ogni bambino ha i suoi tempi di apprendimento e rivedere gli obiettivi dello studio richiede altro tempo ancora. Una pausa per riflettere con i propri figli sembra un lusso da conquistare. L’ansia con cui i compagni e alcuni genitori attendono i voti per iniziare subito un confronto e la immancabile critica non lascia grandi possibilità di interpretare un voto basso come stimolo a impegnarsi.
Gli insegnanti ripetono sempre che è difficile dare un giudizio ai bambini. Il voto condensa tanti aspetti diversi, però la forma della scheda impone di scrivere un numero. In fase di colloquio viene spiegato ai genitori come è stato determinato il voto scritto. Non possiamo pretendere che alla scuola primaria i bambini riescano a interpretare le sottigliezze dei voti e forse dovremmo insegnare a non confrontarsi mai se in classe ci sono già stati episodi spiacevoli.
Non tutti i bambini sono ipercritici verso i compagni, ma se questo dovesse accadere possiamo segnalarlo agli insegnanti, valutando una forma diversa di consegna delle verifiche. Il confronto però va evitato anche tra adulti, evitando le richieste delle altre mamme, il paragone tra un figlio e l’altro o con la nostra pagella delle elementari.
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Fare un bilancio e definire i punti su cui lavorare: tabelline? Ortografia? Grafia?
Avere degli obiettivi in ambito scolastico vuol dire conoscere quali sono gli argomenti da dover ripassare o quali le materie in cui impegnarsi con maggiore costanza. A seconda dell’età gli obiettivi possono essere tanti: migliorare l’ortografia o la grafia stessa, esercitare le tabelline, imparare a comporre testi con strutture adeguate, esprimersi più fluentemente, ecc. Essere propositivi definendo dei punti su cui lavorare aiuta a sentirsi protagonisti del proprio studio, affrontando la scuola con uno spirito diverso.
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Se la pagella invece era splendida? Festeggiate, ma evitate di fare regali o la voglia di studiare lascerà presto il posto alla voglia di un gioco nuovo.
*Daniela Poggi è mamma e autrice del blogwww.scuolainsoffitta.com. Ha pubblicato il libro “Mamma, la scuola!” (Armando editore)