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La mia vita è cambiata mentre stavo cambiando un pannolino

di mammenellarete - 14.04.2015 - Scrivici

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Lidia Di Simone Quando è arrivata la telefonata fatale, quella che ha reso il mio manoscritto Love & the city un libro edito dalla prima casa editrice italiana, ho pensato che l'adorato Topolino della zia, il mio caro nipotino, mi stava portando fortuna. In quell'istante stavo proprio con lui e non avevo il tempo di rispondere al cellulare.  

Ciao, mi chiamo Lidia e sono un’intrusa in un mondo di mamme. Io sono zia. Solo zia. Zia felice di un topolino di due anni e un po’ che fa cose strabilianti, mai viste prima. Almeno da me. Sono qui per raccontarvi com’è nato un libro che potrei chiamare “progetto università del Topolino”. Sei partita un po’ alla lontana, mi direte. Vero, ma una cosa è certa: il Topolino, come lo chiamiamo in famiglia, ha un ruolo centrale in questa storia.

Quando è arrivata la telefonata fatale, quella che ha reso il mio manoscritto un libro edito dalla prima casa editrice italiana, io mi trovavo con le mani… “in pasta”! Stavo passando la mia settimana da babysistter a tempo pieno con il mio nipotino, una giornata fra le tante che avrei destinato a lui nei due anni e un po’ della nostra conoscenza. In quell’istante gli stavo cambiando il pannolino e non avevo proprio tempo di rispondere al cellulare. Così ho lasciato che squillasse. Quando, ore dopo, il topino era ormai tra le braccia di Morfeo e della sua mamma, io mi sono accorta di quella chiamata registrata sulla mia segreteria. Ho armeggiato un po’, non sono esattamente un fulmine di guerra in materia di smartphone. Chissà quante altre chiamate sono rimaste lì inascoltate… Poi, finalmente sento questa voce dolce: Giulia Ichino, prestigiosa editor della Mondadori, mi stava dicendo che aveva letto il manoscritto e si era appassionata alle vicende di Maddie e Wolf. Voleva conoscermi. In quella strana nottata sono caduta dalla sedia e mi sono messa a piangere. Ci siamo sentite il giorno dopo e da lì tutto è cominciato. Ma la mia avventura nel mondo dei libri era iniziata poco più di un anno prima.

Quando il Topolino era nato da poco io mi ero ritrovata all’improvviso con un po’ di ore libere.

Questa vacanza inaspettata e non desiderata aveva il nome di cassa integrazione. Non tantissime ore, per fortuna, abbastanza però da darmi il tempo di chiedermi ossessivamente: e adesso che faccio?

Ho cominciato a pensare al piano B. Quando lavori ti manca il fiato per organizzarti una scappatoia, l’uscita di sicurezza. Poi arriva il momento di pensarci, e in fretta. Ma che cosa so fare io? Torte di mele? Sì, non mi vengono male, ma fino a oggi mi sono finite in ciccia sulle cosce, da qui a pensare di venderle…

Avrei voluto fare l’arredatrice di interni, certo, magari ci proverò in un’altra vita.

La domanda vera era: che cosa so fare bene? Scrivere. Lo faccio per mestiere, sono una giornalista con una lunga esperienza. Già, ma non è che ci sia questa gran richiesta di giornalisti in giro. Tant'è che tutte le aziende editoriali italiane sono falcidiate da licenziamenti, cassa integrazione e quando va bene contratti di solidarietà.

Allora, scrivere che cosa? Un blog? No, decisamente! Non ho ricette di vita da raccontare agli altri, né ricette culinarie, né pillole di saggezza o tutorial di trucco (quello, poi…) e figuriamoci suggerimenti fashion!

Però, posso raccontare storie. Mi piace, l’ho già fatto, per anni ho scritto biografie altrui nei giornali nei quali ho lavorato, potrò anche mettere insieme vite inventate da me!
Ok, una cosa era decisa.

Ma quali vite? Ho cominciato a pensarci. Avevo in mente un’idea, ambientare la storia nel mondo dell’architettura. Già ma che ne sapevo io di architetti? Di questo universo non avevo alcuna esperienza diretta, ma da quando sono nate le reti tematiche mi sono scoperta un'appassionata di programmi sulle case: programmi di ristrutturazioni, interior design, docu-reality sulla costruzione e la progettazione di dimore meravigliose. In breve ho scoperto che il mio paese di bengodi era rappresentato dai programmi sui grattacieli, trasmissioni simili a quella dove un giovane architetto inglese (molto carino!) se ne andava in giro per il mondo a esaminare le tecniche di costruzione di edifici strabilianti, centinaia di piani messi insieme da operai coraggiosi e da pazzi ingegnosi, i progettisti, gente che ti mette una terrazza all’aperto a duecento metri d’altezza!

Ok, dunque il protagonista doveva essere un architetto, anzi una archistar.

E la protagonista? Una mattina me la sono ritrovata lì, davanti agli occhi. Ho una fervida immaginazione, se mi vedete con l'espressione assorta sull'autobus non è perché sto pensando a un innamorato, ma perché sto immaginando trame e storie infinite. Quel giorno si è affacciata alla mia mente Maddie, anzi, credo di averla proprio sognata: mi capita spesso di ritrovarmi personaggi e trame già belli e pronti al risveglio. Sentivo i suoi passi sull’asfalto: pat, pat, pat… Dunque era una runner. Sì, vestiva i panni di un’atleta. Poi l’ho vista cadere, farsi male, imprecare, rialzarsi. Questo non accadeva a Milano, dove vivo, ma in un posto che avevo visitato da poco, la strada davanti allo stadio delle Olimpiadi di Londra.

Che c’entrava la ragazza con l’archistar? Ho cominciato a combinare queste due esistenze. Ho pensato a un incidente d’auto, a un pirata della strada che cambiava la vita della ragazza. Da atleta a storpia? No, mica siamo in un romanzo gotico! Meglio da atleta a ex atleta. Dopo l’incidente la ragazza è costretta ad appendere le scarpette al chiodo e a trovarsi un piano B. Anche lei. Studia architettura e va a lavorare nello studio dell’archistar.

Da lì in poi le cose sono scivolate via facili. Facili , insomma, si fa per dire. Ferie azzerate, le passavo a casa dei miei, che vivono a centinaia di chilometri da qui, a scrivere e a fare da babysitter volontaria, prestata ai genitori del Topolino che vivevano là vicino. Anche perché chi si voleva perdere un solo momento della crescita di questo esserino! Ho scoperto che restare a guardare il piccolino di casa che passava in pochissimo tempo dai primi passi nella culla alle corsette al parco dava grandissime soddisfazioni.

Bella forza, mi direte, non lo sapevi? No, non lo sapevo. Non ne avevo la più pallida idea.

In questi due anni e passa, vuoi per via della lontananza - lo vedo poco, almeno non quanto vorrei - o perché metto insieme i pezzi della sua vita e delle sue scoperte dai video che mi mandano i suoi genitori, ma mi è rimasta in faccia quell’espressione beota che hanno i genitori nei primi mesi di vita di un bebè. Loro l’hanno un po’ persa, risucchiati dalle responsabilità e dal quotidiano, io, la sua zia, ce l’ho ancora. E diventa un’espressione particolarmente idiota quando mi ritrovo a fare da babysitter a tempo pieno - pochi giorni all’anno purtroppo - ma di assoluta dedizione alla sua causa.

In questi due anni e un po' ho visto il topolino crescere e, con lui, sono cresciuti anche Maddie e Wolf, i protagonisti del mio romanzo.

Ero partita solo con due scene in mente, i passi iniziali di lei e un rendez-vous amoroso su un grattacielo. Il resto è nato piano piano. In sei mesi o giù di lì il libro era pronto e ha preso la via delle case editrici. Mentre lo spedivo a destra e a manca, mentre mi affannavo a cercare i nomi delle editor ai quali indirizzarlo, il Topolino è diventato un ometto.

Non avevo previsto che quel cosino mi rapisse il cuore. E chi lo sapeva che una zia si potesse innamorare del nipote tanto da pensare a lui, al suo futuro, al suo benessere a ogni ora del giorno?

Cuore di mamma? Forse non sapete che cos’è un cuore di zia! Ti rendi conto di essere completamente rammollita quando le tue amiche e colleghe, quasi tutte mamme rodate, cominciano a guardarti con un’espressione preoccupata ogni volta che mostri loro l’ennesimo video del Topolino.

Che intanto è entrato nel suo secondo anno di vita.

Mi sono ritrovata a pensare a qualcun altro oltre che a me stessa. In effetti prima, da single senza figli, avevo altre priorità. Ora c’era questo cosino che si stava imponendo alla mia attenzione. Un frugoletto piccolo e tenero, con due genitori che pensavano a lui, certo, ma le spese sono tante, la vita è impegnativa, e una zia può e deve contribuire. Magari con un fondo studi. Sì, ecco l’obiettivo. Nel piano B ci dev’essere anche il Fondo studi Topolino. Obiettivo di lungo periodo, l’abbiamo detto.

E quando è arrivata la telefonata fatale, ho pensato che l'adorato Topolino della zia mi stava portando fortuna. Adesso Love & the city è uscito, spero tanto che cammini spedito per il mondo e possa farsi conoscere e apprezzare. Ma una cosa è certa, ce ne vorrà perché corra veloce come il Topolino! Quel tipetto tosto è capace di far mordere la polvere anche alla mia Maddie. Lui sì che è il vero atleta in famiglia.

di Lidia Di Simone

Il sito di Lidia: www.lidiadisimone.it

La pagina facebook: www.facebook.com/disimonelidia

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