In un periodo di crisi come questo, peraltro, è bene economizzare il più possibile, favorire la praticità e la sobrietà e scansare il "vizio".
Un bambino che venga abituato a indossare gli abiti vecchi dei cugini, o quelli fatti a mano dalla mamma, o ancora comprati al mercato dell'usato, può imparare a spostare l'attenzione non sull'aspetto e l'apparenza, ma sull'essenza delle cose. Ma occhio: usato non vuol dire squallido. I mercati dell'usato garantiscono anzi qualità e pulizia sempre.
Purtroppo invece nella società odierna, così precaria, frenetica e consumista, un bambino viene ritenuto il principale consumatore. È bombardato da pubblicità di oggetti e capi all'ultimo grido, giocattoli e merendine, e così esprime desideri fugaci, capricci, che se soddisfatti non saranno "mai davvero soddisfatti".
Un bambino deve essere abituato da subito a sentirsi parte di una famiglia, che durante le crisi economiche può ritrovarsi in situazioni in cui non ci si possa permettere di tutto, ed essere felice ugualmente. Scoprendo che è più importante essere che possedere.
Indossando gli abiti di altri bambini ormai cresciuti, porterà addosso un pezzetto di storia, un po' dell'infanzia degli altri, e forse ne avrà cura e saprà dar valore anche a qualcosa di piccolo come un semplice paio di scarpe.
Sono cose importanti, se ci fermiamo a riflettere. I vestiti ci servono prima di tutto per tenerci al caldo, e allora perché mai dovremmo permettere ai nostri bimbi (ma anche a noi stesse, come certe mamme vip che straviziano fanno dei pargoli dei simboli modaioli), di farci spendere inutilmente denaro per qualcosa che indosseranno per poco tempo? Pensiamoci!
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