C’era una volta un bimbo. E attorno a lui, a giocare con lui, la sua mamma e il suo papà, il fratello, gli amici, le maestre a scuola, i nonni. Un giorno però arrivarono alcuni giorni di vacanza. La scuola chiuse. I corsi sportivi furono sospesi. Gli amici andarono in vacanza; la babysitter anche. I nonni erano lontani. Il fratello minore di pomeriggio dormiva, a lungo. La mamma e il papà invece dovevano continuare a lavorare. Fu così che tutto d’un tratto il bambino si ritrovò a dover passare un po’ di tempo da solo.
Che fare; come scegliere tra i vari giochi che aveva nella sua cameretta; giocare in giardino o sul balcone; indossare la maschera di Spiderman o di Batman? Era tutto più facile quando si era in due o più a decidere. Guardava la mamma scrivere chissà cosa al computer sul grande tavolo in casa e le chiedeva di giocar con lui.
Ma lei, abbassando gli occhi come se si sentisse in colpa, gli diceva di no, non poteva, doveva finire il suo lavoro. Al computer. La lancetta lunga dell’orologio però era quasi arrivata in alto. Voleva dire che la mamma si sarebbe messa presto a giocare con lui. Il tempo al bambino, anche solo una decina o due di minuti, sembrava eternità. Era possibile che la lancetta quasi non si muovesse mai? Avrebbe potuto entrare nella stanza del fratello e svegliarlo per giocare insieme. Avrebbe potuto rovesciato un bicchiere d’acqua per aver l’attenzione della mamma. E se fosse andato a dormire anche lui? Decise di no. L’andare a dormire sembrava una cosa noiosa. E inappropriata, dato il sole caldo e alto nel cielo.
“Che noia, mamma, aspettarti. Puoi scrivere più veloce?” “Perché non fai un bel disegno e poi lo appendiamo nella tua camera?” Il bambino la guardò con i suoi occhioni verdi.
Quasi per fare un piacere alla sua mamma, prese i suoi colori. Fece un bellissimo trattore, nero con le ruote gialle. Poi provò a fare un cane rosa, una casa dai contorni blu, e un bimbo con un palloncino verde in mano.
Per una settimana la mamma lavorò dal tavolo in soggiorno. E il bambino, senza che la mamma gli dicesse cosa fare, disegnò anche gatti di varie grandezze e colori, aerei grandi come quelli usati dal suo daddy per viaggiare, treni lunghissimi, e giraffe. Imparò ad apprezzare lo sfogliare lento di un libro. Si esercitò a riconoscere i numeri delle pagine e le lettere dell’alfabeto che componevano i suoi libri.
Poi le vacanze finirono. La scuola riaprì, e ripresero anche tutte le altre attività extra-scolastiche. Ma ogni sera la mamma si sedeva qualche minuto sul divano a guardare suo figlio. A lasciare che si annoiasse un po’ e che dalla sua noia nascesse qualcosa di bello.
di Valeria Camia
Mamma di due bimbi, con un marito sempre in viaggio per lavoro, scrive delle sue avventure e disavventure giornaliere in Svizzera
http://mammaimpara.blogspot.ch
Leggi anche: la mia stupenda storia di mamma in Svizzera