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Cosa dovrebbe saper fare (davvero) un 4enne?

di Marzia Rubega - 10.10.2013 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Al parco, di fronte alla scuola dell'infanzia o alla gelateria, non importa... Ogni conversazione e scambio tra mamme si trasforma, spesso, in un'occasione per sbandierare abilità e progressi del bimbo in età prescolare. Con orgoglio e una punta, ben celata, di ansia, la genitrice di turno elenca tutte le cose che il suo piccolo di 4 anni riesce a svolgere alla perfezione.

'Già a 2 anni, mio figlio non usava più il pannolino e ora che ne ha 4 fa tutto da solo!' 'Ahah, ma il tuo si lava anche ogni sera? Il mio sì!' 'Ma la mia bimba di 4 anni si alza da sola, si veste e prepara la colazione!'

Ma la lista di quello che il bimbo sa fare 'benissimo' nasconde anche un tacito timore. Non è che, magari, dovrebbe saper fare anche altre cose a 4 anni? 'Sarà, per caso, in ritardo per la sua età?'. Questa è la domanda 'segreta', pensata e mai totalmente esplicitata, che molte mamme delle 'liste' si pongono quando guardano il figlio di un'altra. E il mio? Cosa dovrebbe essere in grado di fare?

Il bimbo 'sa fare' abbastanza?

A quanto pare, lo stesso interrogativo, alla base della sindrome della 'tabella di marcia' sulle cose che dovrebbe fare un bimbo di 4 anni, accomuna (purtroppo) le mamme di mezzo mondo. A confermarlo, dal Minnesota, è Alicia Bayer, mamma di 5 figli, e autrice di un post sull'argomento nel suo blog, A Magical Childhood (http://magicalchildhood.wordpress.com/2010/08/31/what-should-a-4-year-old-know/) che ha fatto il giro del web (è tra le pagine più gettonate del suo sito, come dice la blogger stessa). E, nei giorni scorsi (28/09/2013), è stato ripreso anche dall'edizione italiana dell'Huffington Post (www.huffingtonpost.it).

Secondo questa super mamma, che ha scelto la formula dell'home-schooling (Nda: scuola a casa), non ha senso collezionare ogni progresso del pargolo come se fosse un trofeo da esibire. L'infanzia non dovrebbe essere una gara (men che meno tra mamme competitive) perché ogni bimbo ha i suoi tempi e ritmi.

Certo, nei primi anni di vita, è anche normale tenere d'occhio le tappe evolutive ma senza troppo stress. Per qualsiasi dubbio, basta chiedere al pediatra, o consultare, per esempio, la classica (e sempre utile), Garzantina di Puericultura.

Per Alicia Bayer quello che conta veramente è che il piccolo di 4 anni si senta amato in ogni istante, al sicuro, e appoggiato dalla sua famiglia in qualsiasi circostanza. Altrettanto fondamentale per lui è la possibilità di sperimentare, giocare ed esprimere le sue inclinazioni. Se non dimostra interesse per i numeri, per esempio, mamma e papà dovrebbero capire che un giorno, quasi all'improvviso, imparerà a contare fino a 100.

Crescere non è una gara

Come pedagogista e mamma proprio di un bimbo di 4 anni, condivido totalmente il punto di vista di questa autrice americana. E, come lei, penso che spesso i genitori avrebbero bisogno di riflettere di più (e interrogarsi con un pizzico di umiltà) sulle 'reali' necessità di un figlio in questa fascia d'età.

In altre parole, il punto della questione non è inseguire in modo forzoso, quasi a passo di marcia, una serie di traguardi che appaiono tappe obbligatorie del suo cammino (a parte, ovviamente, eventuali problemi, evidenti e concreti, che vanno portati all'attenzione del pediatra). Che il bimbo a 4 anni sappia vestirsi bene da solo, scrivere nome e cognome o enunciare a memoria i pianeti del sistema solare non è il vero obiettivo.

Quello che invece importa davvero è metterlo nelle condizioni migliori per sviluppare se stesso sotto ogni aspetto: psicomotorio, emotivo, cognitivo, relazionale. Occorre, dunque, cambiare prospettiva e domandarsi: cosa dobbiamo fare come genitori per cercare di offrirgli una crescita ottimale, serena e felice?

1. Dagli una base sicura per crescere

Verso i 4 anni, un bimbo sereno esplora con sempre maggiore fiducia quello che gli sta intorno, fa domande a raffica quando qualcosa lo incuriosisce e comincia ad apprezzare la compagnia degli 'amici' (questo è il periodo della socializzazione con il gruppo dei pari).

Questi sono solo alcuni tra gli infiniti e colorati tasselli che formano l'avventura quotidiana di un 4enne.

Ma tutto ciò è possibile e 'normale' se il bimbo ha sperimentato dalla nascita in poi una buona relazione, un legame di affetto stabile e positivo con la figura di riferimento primaria, secondo la teoria dell'attaccamento di John Bowlby (1907-1990).

In genere, per lo psicologo e psicoanalista britannico, questa figura è la madre, ma nulla vieta che chi si prende cura del piccolo (in inglese, caregiver) sia il papà. In ogni caso, l'attaccamento è essenziale per lo sviluppo affettivo del bimbo e della sua personalità. Quando l'attaccamento è di tipo sicuro, come lo definisce Bowlby, il bimbo si sente protetto, amato, e tranquillo: il genitore per lui è la base sicura, il punto di partenza per esplorare il mondo e il 'porto' a cui tornare dopo ogni nuova conquista.

In sostanza, come scrivono Michela Fogliani, psicologa, psicoterapeuta e psicopedagogista, e Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell'età evolutiva: “La psicologia evolutiva non ha dubbi: il senso di sicurezza si costruisce nella relazione di attaccamento, con la vicinanza del genitore, possibilmente non frustrato o stressato” (Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli).

Tutto ciò per me è in cima a qualsiasi lista: un bimbo di 4 anni dovrebbe sentirsi (quasi sempre) a suo agio e libero di fare nuove esperienze nel suo percorso (graduale!) verso l'autonomia. Questo significa, per esempio, vivere bene il distacco della scuola dell'infanzia, perché il piccolo sa che la mamma torna sempre. Ma anche il momento in cui, al parco, il bimbo un po' 'timido' per la prima volta si allontana dal genitore per giocare 'da solo' con un coetaneo è un segnale molto importante. Con una base sicura, ogni bimbo può stabilire relazioni buone con il mondo e imparare, a piccoli passi, qualsiasi cosa.

2. Regala tempo a tuo figlio

In genere, le giustificazioni (più o meno saccenti) per un comportamento o una scelta personale, tutto sommato discutibile, mi infastidiscono.

E resto ancora più perplessa quando un genitore cerca di convincere (forse prima se stesso) il mondo che tutto quello che fa è per il 'bene del figlio'. Siamo proprio sicuri che per un bimbo di 4 anni sia così importante avere un quintale di giocattoli, un'agenda fitta di impegni, degna di un manager e vedere invece mamma e papà solo un paio di ore al giorno?

Certo, la vita di oggi non rende facile dedicare del tempo ai figli ma 'spiegare' una certa latitanza dietro l'idea, per esempio, di un presunta spinta all'autonomia non ha senso. Fare una passeggiata insieme, andare al parco, preparare una torta (o la pizza!) o leggere un libro, seduti vicini vicini in un clima sereno, senza lo smartphone che squilla in continuazione, conta moltissimo per ogni bambino. Sembrerà banale ma, alla fine, la condivisione di cose piccole e semplici, fatte 'insieme' vale più di qualsiasi grande opportunità o bene materiale un adulto possa voler offrire al figlio (e non esserci quasi mai!).

A tale proposito, riassumono bene il concetto le parole di Michela Fogliani e Alberto Pellai: “Un figlio ha bisogno di trascorrere tempo con i genitori: non solo di una buona qualità del tempo ma anche di una sufficiente quantità. Ci si è abituati, fin dalla più tenera età, a vivere un 'debito' di vicinanza genitoriale ed il rischio è di non rendersene neanche conto. Il risultato crescendo, è un senso perenne di mancanza, una 'pseudo' autonomia, che si unisce a una difficoltà a gestire l'intimità e i sentimenti. In nome dell'autonomia, si arriva anche a connotare positivamente il fatto che il proprio figlio di pochi anni se ne stia lontano dai genitori tutto il giorno: 'così impara a cavarsela da solo...' (Le nuove sfide dell'educazione in 10 comandamenti, Franco Angeli).

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3. Lascialo giocare...

Secondo Rudolf Steiner (1861-1925), filosofo e pedagogista austriaco, nel corso dei primi 7 anni della sua vita, il bimbo impara e sviluppa le sue potenzialità attraverso il gioco e il movimento. Una visione, che pur se con accenti e interpretazioni diverse, è ribadita oggi da molti pedagogisti e psicologi dell'età evolutiva.

“Per tutta l'infanzia, in particolare nei primi 6 anni di vita, movimento e apprendimento sono strettamente legati. I movimenti non coinvolgono soltanto i muscoli ma anche la mente: generano piacere, ottimismo, creano occasioni di partecipazione sociale, obbligano a cogliere rapporti di causa ed effetto, favoriscono lo sviluppo cognitivo e creativo” (Albertina Oliverio, Anna Oliverio Ferraris, A piedi nudi nel verde, Giocare per imparare a vivere, Giunti).

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Il gioco è dunque fondamentale per crescere da ogni punto di vista, psicomotorio, cognitivo, emotivo e relazionale. Basta pensare, per esempio, alla soddisfazione un bimbo di 4 anni che si cimenta con un 'progetto architettonico' particolarmente elaborato... Le classiche costruzioni sono uno strumento preziosissimo in ogni fascia d'età (a patto che siano delle dimensioni adeguate) che aiuta ad allenare la manipolazione fine stimolando anche la creatività. Un bimbo di 4 anni dovrebbe, quindi, poter giocare, a casa, in modo libero e non strutturato (senza indicazioni dell'adulto), e non avere un'agenda da manager piena di attività extrascolastiche. Nuoto, inglese o musica sono certo un'opportunità ma non lo sono più se il piccolo, ogni giorno, passa direttamente (come un pacchetto) dalla scuola dell'infanzia a un corso pomeridiano. È invece molto importante che il 4enne abbia il tempo per cimentarsi nel gioco di immaginazione a casa, disegnare, tagliare e incollare se lo desidera o correre e giocare a palla con gli amichetti al parco.

Banale? Ma purtroppo non è affatto scontato. Ogni giorno, quando vado a prendere il mio bimbo alla scuola dell'infanzia vedo piccoli 'strattonati' da mamme, nonne e baby-sitter che continuano a ripetere: 'Dobbiamo andare a casa, fai in fretta.

.. Dai!!'.

Chissà perché spesso anche con una giornata di sole, sembra che l'idea del parco sia un privilegio per pochi. Quattro gocce sembrano una tragedia che impedisce ogni tipo di 'grande avventura' all'esterno. Troppo di frequente l'adulto dimentica che anche in città, negli spazi verdi a disposizione, i bimbi possono scoprire il contatto con 'pezzi' di natura. Una corsa sull'erba bagnata, saltare in una pozzanghera o raccogliere foglie e sassi in un prato sono esperienze insostituibili per la crescita e non dovrebbero essere negate a nessun bimbo di 4 anni.

4. Leggi insieme un libro

Un'esperienza davvero fondamentale che un bimbo di 4 anni dovrebbe vivere (iniziandola, però, molto prima, già in tenerissima età) è l'incontro con la lettura ad alta voce da parte dell'adulto. Non mi stancherò mai di ripeterlo e forse è bene insistere perché molti genitori sembrano non avere tempo neppure per la classica fiaba serale. Recitare filastrocche ai più piccoli, poesiole e poi raccontare fiabe, favole e storie dovrebbe appartenere ai rituali quotidiani famigliari.

Secondo Ermanno Detti, saggista e scrittore per ragazzi: “ogni famiglia dovrebbe praticare il 'vizio' di leggere. Se in casa la lettura appare come un piacere tutto diviene facile: i vizi si attaccano e di conseguenza anche quello di leggere”, (Piccoli lettori crescono, Erickson).

Ma leggere ad alta voce al figlio non vuol dire 'solo' trasmettere l'amore per le pagine: questa pratica offre grandi benefici per il suo sviluppo relazionale, linguistico, emotivo e cognitivo. A sostenerlo da anni sono gli studi della prestigiosa American Academy of Pediatrics; il valore della lettura precoce è raccomandato anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dall'Unicef. Da noi, dal 1999 è attivo il progetto Nati per Leggere che si occupa di promozione della lettura da 6 mesi a 6 anni.

Ecco, come mamma (e pedagogista) sono convinta che il bimbo di 4 anni dovrebbe saper sfogliare libri con storie belle e illustrazioni di qualità e ascoltare con lo sguardo assorto la voce amorevole di chi legge per lui.

Dovrebbe provare tutto l'incanto nascosto tra le pagine, avere libri in casa e andare in biblioteca (attività, peraltro, gratuita che si può trasformare in un bel momento insieme).

Quando leggo ad alta voce nei parchi, d'estate in spiaggia, o in questo periodo, sui gradini della scuola dell'infanzia del mio bimbo, piano piano, occhi un po' stupiti e sorridenti mi seguono, poi i curiosi proprietari di quegli occhi si avvicinano e iniziano ad ascoltare... Tutti i bimbi di 4 anni hanno diritto a questa opportunità.

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5. Bambino = persona

Infine, una cosa che il bimbo di 4 anni dovrebbe saper fare è essere se stesso. Sicuro e fiducioso della sue relazioni famigliari, libero di imparare con i suoi ritmi, di sporcarsi (pazienza se tocca fare una lavatrice in più) e sviluppare competenze e talenti. Un bimbo di 4 anni, appunto, a cui sono riconosciuti tutti i suoi diritti di 'persona'. Perché il bimbo che sta crescendo merita lo stesso (e forse molto di più) rispetto di un adulto. Non è una creatura 'a metà' che deve solo sottomettersi alle regole dei genitori, degli educatori, ai ritmi di una società che spesso nega i le sue esigenze primarie. “Il bambino è una persona compiuta, intera e, come ogni persona, è in continua evoluzione – scrive lo psichiatra Vittorino Andreoli (Dalla parte dei bambini, Bur). Ogni educatore deve occuparsi dei bisogni reali di un bambino nel suo complesso e far sì che questo bambino abbia un'infanzia serena, un'adolescenza attiva, premesse indispensabili per una vita futura di felicità”. A questi bisogni, appartiene anche la possibilità per il bimbo di 4 anni di esprimere i suoi sentimenti (belli e brutti), di non negarli e non sentirsi dire 'ma ormai sei grande!' quando cerca la vicinanza fisica e l'abbraccio del genitore. “La tenerezza è un sentimento e una qualità.

È un valore. Una competenza che il bambino possiede e che richiede costantemente all'adulto. È un bisogno. Il bisognoh (Marcello Bernardi, Pina Tromellini. La tenerezza e la paura, Salani).

Tempo fa, davanti alla sua scuola dell'infanzia, mio figlio ha visto una mamma dare una sberla in testa al figlio perché aveva rovesciato il succo e poi un'altra per il suo pianto intimandogli: 'Se non la smetti subito di piangere le prendi ancora!'. Il mio bimbo è rimasto in silenzio qualche minuto, poi con aria serissima, mi ha chiesto: 'Ma perché ci sono le mamme che fanno così? Quel bimbo non ha fatto niente e se gli dai una sberla, piange. E poi non ha chiesto lui di farlo nascere'. Già... perché? A volte, me lo domando anch'io. Meno liste, imposizioni (inutili), gare a quello che dovrebbe saper fare a tutti i costi e invece più rispetto, tempo, ascolto, amore, attenzione, pazienza. Al bambino, dalla sua parte.

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