Il rispetto del dolore altrui anche se non è plateale.”Tu non l’amavi!” a un certo punto dice la cognata a Pietro (il protagonista interpretato da un grande Nanni Moretti) “Ma tu che ne sai!!” risponde lui giustamente. Nessuno può sapere cosa si prova a un funerale che non avremmo mai voluto vedere, a portare dei fiori che non avremmo mai voluto portare.
E così, ti ritrovi a piangere dopo cinque minuti che è iniziato il film perché colleghi tutto ad altro…non alla tua poltrona rossa dove sei seduta in quel momento e a quello che vedi sullo schermo di fronte.
Madri che perdono figli, figli che perdono madri quando sono ancora bambini, che si trovano ad abituarsi a quotidianità diverse, a diventare più grandi più in fretta, questi cambiamenti e queste verità le leggi in un film nel viso di una bambina misurata che nella vita si chiama Blu (?!?).
E li vedi nella realtà ricordando una foto in bianco e nero chiusa in qualche cassetto, una foto di tre bambini, una femminuccia vestita di nero nonostante gli 11 anni di età e due maschietti un po’ più piccoli, tutti con gli occhi sgranati per la fame (erano gli anni ’50 in un paesino contadino della Campania); e per la meraviglia verso una vita già così difficile e piena di dolore per aver perso la mamma da bambini. Mentre tutti i tuoi amici l’hanno ancora, la mamma…
O rivedi tali cambiamenti dopo il dolore nel mutamento di espressione leggera, quasi impercettibile che leggi tra i capelli biondi davanti agli occhi di una collega/amica che ti racconta del suo raffreddore e, poi dell’anniversario della morte di un padre tanto amato e tanto rimpianto…
“...lasciatemi la mia malinconia” canta Ivano Fossati alla fine del film “sarà anche il gioco della vita, ma che dolore!”