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Potevo essere io quella mamma

di Nostrofiglio Redazione - 30.01.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Alla luce della tragedia avvenuta a Roma, Chiara ha voluto raccontare la sua storia, la mancanza di sostegno all'allattamento dopo il parto dicendoci " potevo essere io quella mamma"

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Potevo essere io quella mamma

Sono passati 3 anni e mi sono ritrovata a chiedere... serve una tragedia, la peggiore delle disgrazie, per finalmente poter vedere acceso un faro su una realtà che in tante stiamo raccontando, così capillarmente diffusa?

Nell'ottobre 2019 sono diventata mamma per la prima volta, a 41 anni. Parto gemellare all'ottavo mese dopo gravidanza a rischio, con cesareo programmato.
 
Situazione fisica di partenza difficile, per una colonna - documentata in cartella clinica - con una decina tra ernie e protrusioni, in più solo col parto ho perso 12 dei 14 kg presi in gravidanza. Bimbi piccoli ma forti, nemmeno un minuto in incubatrice e per i tre canonici giorni di ricovero il rooming in.
 
Il latte non veniva, loro erano così piccoli che non tiravano e il latte artificiale è stato necessario, ma allo stesso tempo sono stata "invitata" tra commenti bruschi e canzonatori a provare col seno. La prima notte ero stravolta, sotto farmaci, con catetere e dolori per la posizione della schiena e per fortuna li hanno tenuti al nido.
 
Ma il risveglio alle 6 è stato con questa frase: "ho provato 3 volte a portarteli ma non ti svegliavi, tu non ci tieni ai tuoi figli?"
Una fucilata. 
 
A ruota, appena in piedi (per modo di dire, non tenevo dritta la schiena e mi sorreggevo sulla culla) i bimbi con me. Ogni 2 ore dovevano assumere 10 ml di latte: mi trascinavo al nido, davo il biberon al primo, lo cambiavo ("alza quei gomiti dal fasciatoio, non ti puoi appoggiare" e io non mi reggevoin piedi), poi biberon e cambio del secondo.
 
E ci volevano almeno 20 minuti per ciascuno. Poi mi attaccavo -in corridoio- al tiralatte, 20 minuti per seno ("e allora, ancora nulla?), quindi in camera.
I bimbi dormivano sereni stando vicini nella culla gemellare, ma io mi riuscivo a stendere forse mezz'ora ... e già suonava la sveglia perché erano passate le 2 ore.
 
La seconda notte mi sono sforzata di fare sempre tutto, l'indomani al cambio turno vengo apostrofata "la mia collega ha detto che non ti ha mai vista stanotte al tiralatte, ma lo sai che se non ti impegni non ottieni? Ti fai il massaggio in camera dopo?"
 
Sono scoppiata a piangere, ho chiamato il mio compagno e poi ho chiesto di darmi la pastiglia per bloccare il latte, se mai si stesse muovendo qualcosa, ritrovando finalmente comprensione dall'ostetrica.
 
Ci tengo a precisare che le frasi acide e brusche non erano di ostetriche, veri angeli, purtroppo presenti solo fino al parto, ma delle infermiere del nido, che da quel momento avevano smesso anche di salutarmi.
 
L'ultima notte ho chiesto di saltare un turno di latte per poter dormire 4 ore, e gli sguardi erano di totale riprovazione.
 
Sono tornata a casa furente e stremata. Ho pianto per giorni finché ho acceso il PC e (sono un avvocato) ho inviato una pec alla direzione sanitaria. Il riscontro di 3 pagine mi fa ancora innervosire, uno scarica barile tra reparti e le ovvietà sui benefici dell'allattamento al seno che correttamente era stato promosso.
 
Vorrei proprio chiedergli ora: questi benefici sono veramente superiori al rischio di far finire in tragedia l'evento più importante della vita di una donna? 
Non siamo tutte uguali, non tutti i parti sono uguali. Attenzione al singolo, rispetto e compassione devono venire prima di tutto. 
 
Chiara

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