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Sono una mamma speciale divisa tra il cielo e la terra

di mammenellarete - 19.02.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Ho perso il mio primo bambino proprio al momento del parto. Il secondo piccolo arcobaleno è venuto alla luce in anticipo ed è rimasto per ben 95 giorni in terapia intensiva neonatale. Io so che il mio Angelo è sempre qui accanto a noi. Un figlio non si dimentica, nessuno potrà mai sostituirlo, ma il mio Angelo Maria mi dà una voglia in più di vivere e sorridere nonostante tutto, è il mio arcobaleno e ha portato la speranza nel mio cuore. Sono una mamma speciale divisa tra il cielo e la terra.

In questo articolo

Sono una mamma divisa tra cielo e terra. Tutto inizia nel febbraio 2015 quando insieme al mio compagno scopro di essere incinta del mio primo bambino. Sono talmente felice che i giorni, i mesi passano velocemente. Tutto procede nella norma: analisi, bi-test, tutto perfetto. Alla morfologica mi confermano che aspetto un maschietto, il mio principe.

Verso il settimo mese inizio a preparare il suo corredino, preparo ogni cosa nei minimi dettagli. Tutta la mia vita è proiettata al giorno in cui l'avrei stretto e annusato tra le mie braccia, al mare si fa sentire con i suoi calcetti, gli piace così tanto quando mi bagno o mi rilasso al sole. Tutto è scolpito nella mia mente e nel mio cuore.

Passano i mesi e arrivo alla 38esima settimana. Una domenica mattina inizia il travaglio, mi attraversa un mix di emozioni tra paura e felicità, ma con la consapevolezza che a breve avrei finalmente conosciuto il mio adorato bambino. Andiamo in ospedale con le borse preparate qualche mese prima. Intanto le contrazioni sono sempre più ravvicinate. Dopo alcune ore di travaglio decidono di eseguire un cesareo: il mio adorato principe, il mio bimbo perfetto, il mio primo figlio, il mio Angelo nasce dormendo a 38 settimane.

Le mie orecchie non ascoltano quel dolce pianto, ma solo un silenzio assordante che ancora oggi fa un gran rumore nel mio cuore, la favola che avevo immaginato non ha un lieto fine, la mia famiglia da dietro a quel vetro non vedrà mai il mio meraviglioso bambino, che strano... la parola nascita l'ho sempre associata alla parola vita, invece per il mio principe non è così. Mi assegnano una stanza e per delicatezza sono sola, i miei occhi non guardano, ma le mie orecchie ascoltano i pianti dei neonati delle stanze accanto e ogni volta è una pugnalata al mio cuore.

Mi tocco la pancia e so che mio figlio non c'è, ma anche le mie braccia sono vuote. Il giorno dopo vedo il mio bambino bellissimo adagiato in quella piccola bara bianca, il mio rimpianto più grande è quello di non avere avuto la possibilità di abbracciarlo e di baciare le sue gote paffuttelle. Dopo 3 giorni esco dall'ospedale a braccia vuote, senza il mio bambino, che ha vissuto 9 mesi dentro al mio grembo.

Il suo papà non ha portato il port enfant in macchina, non tutti capiscono che il lutto perinatale è un lutto a tutti gli effetti. Non si è più gli stessi, una parte del cuore vola con lui. Dopo il suo funerale vivo giorni dolorosi: voglio andare via con lui, ma grazie al suo papà e alla mia famiglia si cerca di fare dei piccoli passettini affinché io possa sopravvivere. Dopo sei mesi, nel giorno del mio onomastico, scopro di aspettare il mio arcobaleno: l'ho sempre visto come un suo regalo.

La mia nascita del mio guerriero e l'esperienza in Tin

Questa gravidanza non è accompagnata dalla spensieratezza della prima, ma dalla paura che ogni giorno possa capitare qualcosa di brutto. Nessuno può sfiorarmi la pancia, sono terrorizzata da ogni cosa, vado a visitarmi ogni settimana, e ogni settimana tutto procede bene, quell'esserino cresce e mi offre la possibilità di diventare di nuovo mamma.

Alla morfologica mi danno la notizia di aspettare il mio secondo maschietto, non ci credo, sembra quasi che il mio Angelo stia tornando tra le mie braccia. Alla 25esima settimana mi sveglio con delle perdite ematiche. Inizio a piangere e penso di averlo perso, corro in ospedale, mi visitano e subito mi rincuorano: il mio bambino si muove e gioca. Mi mandano a casa per altri due giorni, ho ancora perdite, ma ogni volta il mio pulcino sta bene.

Fino a quando la terza sera inizia il travaglio.

Non ci credo, non è possibile: è troppo presto, ma ho gli stessi dolori del mio primo bambino. Non lo accetto, non può essere vero, mi reco in ospedale con tanta paura. Mi visitano e sono dilatata di 9 cm, non possono fare niente per arrestare il travaglio, posso solo pregare e dopo 12 ore di travaglio nasce il mio bambino in modo naturale con posizione podalica, ma con la "camicia", con il suo peso piuma di 950 gr per 39 cm di amore.

Anche stavolta non ascolto il suo pianto, subito viene portato in Tin, le prime ore sono terribili. Tutti mi dicono di aspettare, finalmente mi mettono il bracciale e inizio a sperare, qualche ora dopo chiamano il papà per vederlo, la sera insieme a lui andiamo dal nostro pulcino. È la prima volta che lo vedo, nonostante quell'astronave di vetro e i numerosi tubicini e fili, il mio guerriero è bellissimo come il sole, ha una forza da fare invidia, per i primi 10 giorni si parla di sopravvivenza, arriva a pesare 700 gr.

Ma il mio guerriero lotta con una forza da vero e proprio supereroe. Ha dovuto superare tante battaglie per vivere, ogni volta prima di entrare in Tin si stringe un nodo alla gola, è una realtà parallela... fatta di ansie, paure ma anche di chiacchiere fuori al corridoio con gli altri genitori nella nostra stessa situazione, quasi cercando un briciolo di normalità, è un cammino lungo e faticoso. In questa realtà mentre un giorno fai un passettino avanti, il giorno dopo ti ritrovi a farne tre indietro. Solo dopo la parola "oggi è stabile", posso stare un po' tranquilla.

La marsupioterapia

I giorni passano e il mio guerriero inizia a mettere grammi e io inizio a fare marsuterapia. Sono momenti indimenticabili, ho mio figlio sul petto per alcune ore, i nostri cuori battono all'unisono di nuovo, posso annusarlo, a casa mi tiro il latte ed è l'unica cosa che posso fare per il mio pulcino.

Quel gesto mi fa sentire utile. A volte cambio il suo pannolino minuscolo in incubatrice. Sono gesti comuni, ma per me hanno un significato enorme: posso fare la mamma in quel momento. Le giornate si dividono tra casa e ospedale. Ricordo che quando è arrivato a pesare 1 kg abbiamo portato i dolci per festeggiare, quella è stata una delle sue tante vittorie.

I giorni passano sempre con la paura, dopo 95 giorni arriva la telefonata che il mio Angelo Maria è pronto per tornare a casa. Il mio bambino ha vinto la sua battaglia. La notte in cui è nato ho fatto un voto alla Madonna: l'avrei chiamato come lei, mi ha donato un miracolo ed io nel mio piccolo l'ho chiamato Angelo Maria.

Finalmente si va in ospedale con il port enfant, lo vesto con la tutina che ho scelto, finalmente posso preparare le sue pappe, posso stare sveglia la notte, posso toccarlo e prenderlo in braccio in qualsiasi momento senza chiedere il permesso al personale medico di turno, finalmente posso fare la mamma. Il mio bambino per tutto l'ospedale è un campione, sta bene, è una vera forza della natura. Io so che suo fratello maggiore e la Madonna lo hanno protetto e lo proteggono ogni giorno.

Dopo un anno il mio guerriero e il suo papà mi hanno aspettato all'altare. È stato un giorno ricco di emozioni e so che il mio Angelo è sempre qui accanto a noi. Un figlio non si dimentica, nessuno potrà mai sostituirlo, ma il mio Angelo Maria mi dà una voglia in più di vivere e sorridere nonostante tutto, è il mio arcobaleno e ha portato la speranza nel mio cuore.

Sono orgogliosa di essere la sua mamma. Sono una mamma speciale divisa tra il cielo e la terra, ma avrei voluto essere soltanto una mamma normale.

di una mamma anonima

(storia arrivata alla pagina Facebook)
 
 
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