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Aborto terapeutico: ho scelto di non farlo. Dio ha deciso per la mia bimba

di mammenellarete - 14.02.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Al quarto mese di gravidanza i medici mi dissero che la mia bimba non era sana, che mi avrebbero sottoposto all'amniocentesi e che entro la fine del quinto mese, confermata la malattia, avrei potuto avvalermi del diritto all'aborto terapeutico. Ma io scelsi di essere mamma. Purtroppo, a 36 settimane, scoprimmo che non c'era più battito. In tutto l'immenso dolore che provavo, posso dire però che sapevo di aver preso la giusta decisione. Avevo accompagnato la mia piccola creatura nella sua breve esistenza, l'avevo amata, desiderata, protetta e nutrita e avevo lasciato a Dio la decisione.

Avevo 30 anni e dopo un anno e mezzo di tentativi, lacrime e sconforto, scoprii finalmente di essere incinta. Provai una gioia indescrivibile, finalmente anch'io sarei diventata madre! Non stavo nella pelle. Ma questo sogno diventò ben presto un incubo.

Alla fine del quarto mese dopo alcuni esami mi dissero che molto probabilmente il mio bambino non era sano, perché non cresceva ed il mio liquido amniotico era scarso.

Mi dissero che mi avrebbero sottoposto all'amniocentesi e che entro la fine del quinto mese, confermata la malattia, avrei potuto avvalermi del diritto all'aborto terapeutico. In poche parole si trattava di un'induzione al parto al quale il feto non sarebbe sopravvissuto, essendo fatto entro la ventiduesima settimana.

Il mondo mi crollò addosso, ero incredula. Come poteva accadermi una cosa del genere e perché proprio a me? Perché non ero stata in grado di concepire un bambino sano???

Ero distrutta dal dolore e piena di dubbi. Quella notte piansi disperatamente e pregai, pregai con tutta me stessa. Il lunedì, giorno in cui mi sarei dovuta sottoporre alla amniocentesi, il mio cuore era più leggero, nonostante la sofferenza. Sapevo cosa dovevo fare, semplicemente la sua mamma, amarla e proteggerla.

Così feci. Non fu semplice, soffrii molto. Ogni ecografia confermava la malattia, ogni giorno c'era qualcuno pronto a dare il proprio giudizio, ma certe situazioni se non le vivi, non le puoi giudicare. Chiedetelo alle madri che hanno abortito, chiedete come sono tornate a casa. Ogni decisione in queste situazioni porta tanto dolore.

Giunsi alla 36esima settimana. Ricordo il ginecologo che poggiò la sonda sul mio grembo, mi guardò e mi disse: "Non c'è più battito". In quel momento per un attimo si fermò anche il mio cuore. Tutto era finito, il dolore era indescrivibile, non provavo un sentimento di liberazione, ma solo tanta sofferenza.

Affrontai il parto. Durante il funerale mi sembrava di essere in un'altra dimensione. In tutto questo dolore posso dire però che mi sentivo serena, sapevo di aver preso la giusta decisione. Avevo accompagnato la mia piccola creatura nella sua breve esistenza, l'avevo amata, desiderata, protetta e nutrita e avevo lasciato a Dio la decisione.

Ho trovato nella fede la forza di rialzarmi, con la certezza che un giorno potrò rivederla. Devo ringraziare anche mio marito e la mia famiglia che non mi hanno mai lasciato da sola in questo percorso. Insieme abbiamo poi gioito della nascita dei miei due bambini, la mia rinascita.

Nonostante tutto quello che ho passato non posso che ringraziare Dio che mi ha dato tanta forza e coraggio, speranza nel futuro e mi ha donato la certezza che un giorno sarei tornata a sorridere. Così è stato.

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