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di mammenellarete - 24.04.2008 - Scrivici

da Federica (una mamma nella rete)


Mi ritrovo di nuovo in attesa… Come 4 anni fa… e poi come 3 anni fa…
Tre attese completamente diverse l’una dall’altra, ma accomunate dalla stessa ansia, dalla stessa domanda: come andrà?
L’attesa più dura da sopportare è stata senza dubbio quella del 2004, quando aspettavo di sapere se sarei mai diventata mamma.
Non dipendeva da un test di pochi minuti però, ma da un transfer di embrioni congelati, che non sapevo bene quanti sarebbero stati e se sarebbero sopravvissuti al trauma dello scongelamento.
Tre su quattro, una buona media.
Dopo l’attesa del transfer mi toccava aspettare altri dodici giorni per sapere se davvero il sogno si sarebbe realizzato.
E’ stata durissima. Ogni giorno era il più lungo, ed anche se mancavano 24 ore in meno al verdetto, l’angoscia saliva, e con lei l’ansia di sapere in maniera esponenziale.
E la paura, la paura di sentirmi dire di nuovo: “mi dispiace signora, le beta sono negative!”.
Che avrei fatto a quel punto?
La legge 40 sulla fecondazione assistita era appena stata emanata, mio marito aveva pochissimi spermatozoi, la legge non ci avrebbe più permesso di congelare gli embrioni come la volta precedente… e se di spermatozoi non ce ne fossero stati più? E se non fossi riuscita a tenere dentro di me nulla come la volta precedente?
Il giorno prima fu tremendo!
La cosa che più mi dava noia era vedere di nuovo gli sguardi di pena delle persone che sapevano dei nostri problemi addosso.
Una cosa che non potevo sopportare!
Una sconfitta l’avrei retta, insieme a mio marito.
Ma la pena non la potevo sopportare.

Andò bene. Beta positive. Un passo avanti lo avevamo fatto.

L’attesa dei nove mesi fu una passeggiata al confronto.
Una gravidanza gemellare splendida, vissuta con un po’ di preoccupazione, ma neanche poi tanta.
Se fosse successo qualcosa l’avrei affrontato sul momento.
Non volevo più struggermi, volevo godermi il momento, ogni attimo di quelle due vite che stavano crescendo dentro di me.
Forse sarebbe stata l’unica gravidanza e volevo assaporare tutto, dall’inizio alla fine.
Ho avuto la fortuna (nella sfortuna) di poter parlare con loro fino dal primo attimo in cui sono stati dentro di me.

Ho avuto la consapevolezza di loro dal primo istante, anche se non erano ancora aggrappati al mio utero, c’erano.

Non potevo far finta di nulla.
Dal 24 maggio 2004 al 9 febbraio 2005 abbiamo condiviso tutto.
Anche l’attesa… forse per questo mi è pesata poco.

Ora attendo la messa in onda della puntata che mi riguarda.
Che strana cosa!
Provo un misto di curiosità, di ansia, di paura, di felicità…
Per ora però spicca la paura di non essere compresa, di apparire ciò che non sono…
La mia storia è così particolare ed io la racconto come se fosse una storia normale che a volte mi soffermo a pensare che potrei anche risultare una “che se la tira” per quello che ha passato.
No, non è così.
La mia idea, quando ho deciso di partecipare a questo programma, era quella di far sentire la voce di una mamma che lo è grazie alla medicina, ai progressi, ai ricercatori.
Far sentire la voce di chi ha lottato contro una legge che ha fatto solo danni.
Far sentire a chi come me ha avuto, ha ed avrà problemi di infertilità che siamo tante e che non c’è da vergognarsi per questo, perché se la natura ci ha voluto ostacolare, abbiamo anche i mezzi per risolvere questi problemi.
E non è eugenetica. E non è un voler essere Dio.
Solo parlandone si può far capire a chi non ne sa nulla che noi vogliamo solo essere madri.

la storia di Federica continua insieme ad altre mamme sabato 26 aprile alle 22 su Discovery Real Time

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