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Manovra, crisi e mamme lavoratrici. Cosa chiederesti al Premier Monti?

di mammenellarete - 02.01.2012 - Scrivici

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Il Natale di quest'anno è stato indubbiamente uno fra i più austeri e difficili degli ultimi tempi sia a causa della crisi economica, sia per i dati e le previsioni sul futuro del nostro paese, diffusi in questi giorni, e non affatto positivi. In questo periodo, che dovrebbe essere di festa, molte famiglie hanno dovuto stringere la cinghia e risparmiare sui regali per i bambini e sui festeggiamenti per l'anno nuovo. Abbiamo visto in Tv le lavoratrici della OMSA, licenziate dopo due anni di lotte, con un telegramma inviato la sera prima di capodanno; abbiamo sentito di padri di famiglia che protestavano per non perdere il lavoro sui tetti di Roma; abbiamo ascoltato, a reti unificate, i nostri governanti chiederci sacrifici, pazienza e coraggio, per riempire le casse di uno stato che da anni sembra non far nulla per salvare le casse delle famiglie.

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In questo scenario natalizio, felice per tradizione, ma non certo gioioso, l'Istat ha reso pubblici, il 28 dicembre, i dati della Ricerca sulla prospettiva demografica, secondo i quali, fra 50 anni ci saranno 6 anziani ogni 10 persone attive, numeri simbolo di un paese in cui non si fanno più figli.

Ma perché la nostra è una nazione in cui no si crede nel futuro? Di chi è la responsabilità e cosa si può realmente fare?

In questa situazione di criticità estrema, sempre più difficile è la condizione delle donne, licenziate per prime, costrette a firmare dimissioni in bianco alla stipula del contratto di assunzione, nel caso rimangano incinta; che lasciano spesso il lavoro, una volta diventate mamme, perché non sanno a chi lasciare i figli o perché non hanno i soldi per pagare gli asili nido. Sempre secondo l'Istat, infatti, quattro donne su dieci interrompono il lavoro per prendersi cura dei figli.

Il dato è contenuto nel Rapporto sulla oscillazione tra lavoro e famiglia, in cui 702 mila occupate con figli minori di 8 anni, dichiarano di aver interrotto l'attività lavorativa per almeno un mese dopo la nascita del figlio più piccolo (il 37,5% del totale delle madri occupate). Uno squilibrio che incide sul livello dell'occupazione femminile e costituisce un caso particolare della più generale tendenza a far gravare sulle donne la responsabilità della cura dei figli. Tra le madri che hanno fra i 25-54 anni, la quota di occupate è infatti pari solo al 55,5%, contro il 90,6% dei padri.

Secondo l'Istat, l'ostacolo per il lavoro a tempo pieno di 204 mila donne occupate part time (il 14,3%) e per l'ingresso nel mercato del lavoro di 489 mila donne non occupate (l'11,6%), sarebbe la mancanza di servizi di supporto nelle attività di assistenza.

Questi dati, quelli relativi all'anzianità, la crisi economica e le questioni legate al lavoro delle donne sono fattori strettamente legati fra se e che incidono profondamente sulle difficoltà dell'Italia. In un paese in recessione e con criticità finanziare da anni, per una famiglia è necessario che lavorino due persone, ma se lo stato non offre aiuti per favorire l'assistenza gratuita o a basso costo per i figli piccoli, la mamma sarà costretta a rinunciare parzialmente o totalmente al lavoro, ritrovandosi così in situazione di ristrettezza economica che si rifletterà su tutto il nucleo famigliare. Al contrario, molte delle donne che decidono di dedicarsi alla carriera si trovano costrette a rinunciare alla famiglia.

È così che il nostro paese invecchia e si impoverisce sempre più! La condizione delle donne, delle lavoratrici e delle mamme lavoratrici è per questo, a nostro avviso, centrale per la risoluzione della decadenza generale che coinvolge tutti gli aspetti della nostra società.

In una recente intervista a un quotidiano nazionale, Maria Cecilia Guerra, sottosegretario al Welfare, ha dichiarato:

« l’Italia ha il primato della povertà dei minori. Quello dell’uomo che porta il reddito è un modello che non regge più, per motivi economici e per motivi culturali. Si deve rendere possibile alle persone, donne e uomini, di lavorare, di riprodursi, di prendersi cura degli anziani e dei bambini (…) bisogna agire in due direzioni: i servizi, la cui mancanza è un ostacolo per il lavoro a tempo pieno delle donne, e l’organizzazione dei tempi di lavoro. Sotto questo aspetto si tratta di una evoluzione culturale, bisognerebbe recuperare flessibilità negli orari, poter uscire prima e entrare dopo a lavoro, recuperare le ore perse in un altro giorno e così via. Anche in un periodo di scarse risorse economiche sarebbe utile coinvolgere e sensibilizzare le imprese...».

E ora chiediamo a voi mamme lavoratrici, mamme che avete rinunciato al lavoro: che cosa può e deve fare il governo Monti per lo sviluppo e il supporto alle famiglie? Inviateci la vostra proposta!

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