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48 giorni in Tin. E' stata dura, ma mio figlio è un guerriero e ce l'ha fatta

di mammenellarete - 22.09.2016 - Scrivici

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Fonte: Pixabay
Mio figlio nacque prematuramente con un taglio cesareo d'urgenza alla trentesima settimana. Alla nascita pesava 970 grammi. Rimase per ben 48 giorni in terapia intensiva neonatale: questa esperienza così improvvisa e così inaspettata mi trascinò in un uragano di emozioni negative. Quando lui è tornato a casa, i nervi si sono rilassati. Ma è stata davvero dura.

Mio figlio nacque nel mese di maggio di due anni fa. Venne alla luce con un taglio cesareo di urgenza alla trentesima settimana. Alla nascita pesava 970 grammi. Rimase per ben 48 giorni in Tin: questa esperienza così improvvisa e così inaspettata mi trascinò in un uragano di emozioni negative. Riuscii ad uscirne dopo più di un anno.

La lotta mia e quella di mio figlio fu molto dura. Occorre lottare per la vita, per stare un minuto insieme. Si deve lottare per reprimere il proprio istinto di madre a proteggere continuamente il proprio bimbo e per evitare di stare giorno e notte abbracciata a lui.

Bisogna forse essere anche un po' egoisti. Si deve avere il coraggio di lasciare il piccolo la sera, anche se andare a casa e vedere la culla vuota è terribile. Tante e troppe emozioni tutte insieme, tante piccole conquiste. E ogni volta che lo abbraccio e sento il suo cuore contro il mio mi torna in mente la prima "marsupioterapia" e la gioia provata nel momento in cui era finalmente con me.

Il nostro rapporto fu una conquista: un amore cercato, sofferto e finalmente realizzato. Io lo amo più di qualsiasi cosa esista al mondo perché è stato un guerriero. Subito dopo avermi dato la notizia che mi sarebbe stato fatto un cesareo, si riunirono intorno al mio letto il primario della Tin, quello di ostetricia e altri medici e infermieri. Tutti mi dissero che era opportuno farlo nascere, ma che non sapevano poi verso quali complicazioni sarebbe andato incontro.

Il giorno della sua nascita lo vidi solo in una foto fatta dal papà. Era piccolissimo e pieno di tubi e fili. Guardavo la mia vicina di letto e sua figlia e la mia culletta vuota... Ci è voluta tanta, tanta, tanta forza: quando è tornato a casa, i nervi si sono rilassati.

Ogni giorno andavo in ospedale con la paura di vederlo con qualche altro tubo o che mi dicessero che aveva qualcosa. E' stato davvero difficile, sia psicologicamente che fisicamente. Ancora adesso quando sento qualche mia conoscente che partorisce, mi chiedo sempre perché è successo a me, ogni volta che sento un ambulanza è un tuffo al cuore.

di ​​Roberta

(messaggio arrivato alla pagina Facebook di Nostrofiglio)

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