Mio marito tra una email di lavoro e l'altra ha iniziato a insistere per andare in ospedale. Erano le 10 del mattino e le contrazioni sempre più forti e ravvicinate. Abbiamo deciso di partire. Durante il viaggio in auto mi è venuta un'ansia pazzesca ma poi ho trovato la forza per farmi coraggio... Mi hanno ricoverato subito. Ho fatto il travaglio insieme a mio marito, a parte qualche istante in cui l'ostetrica veniva per controllare come stesse procedendo il tutto. Durante queste ore mio marito alternava momenti di agitazione che si traducevano in respiri profondi e grandi silenzi. Alle 13 non ne potevo più. Ho chiesto l'epidurale ma oramai era troppo tardi.
Ricordo i pugni battuti sul letto dal dolore, non ne potevo davvero più! Alle 14 mi hanno detto di iniziare a spingere ma ero davvero esausta, non vedevo più la fine. E invece: alle 14.44 è nato il mio più grande amore, che emozione indescrivibile ... mi sono innamorata all'istante di questo angioletto. Di lì a poco sono iniziate le discussioni con mio marito che secondo me, aveva già iniziato a tradire molte delle mie aspettative. Non nego neanche ora che mi sia stato vicino ma io avrei avuto bisogno di una vicinanza non soltanto fisica ma soprattutto emotiva. Mi sarebbe bastato un suo "dai che ce la fai" detto nel momento giusto, "sei stata bravissima", "stai tranquilla che andrà tutto bene", magari un regalo per la nascita come segno di riconoscimento, qualche parola che descrivesse la sua gioia, una lettera. Tutto ciò mi sarebbe stato di grande aiuto e invece niente, si è chiuso in un grande silenzio che a me ha fatto un gran male, trasformando il ricordo del mio parto in un evento negativo.
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Per mesi gli ho rinfacciato quanto è successo, è sempre stato un marito dalle mille attenzioni anche se molto silenzioso e taciturno ma ha sempre trovato il modo di comunicare i suoi sentimenti attraverso bellissime lettere.
Quando è nato il nostro bambino invece neppure quello. Mi ha lasciato una sofferenza indescrivibile nonostante lui si sia più volte scusato, dicendo che ho perfettamente ragione ma che era un periodo particolarmente difficile al lavoro. Ha un'azienda e i pensieri e le preoccupazioni sono all'ordine del giorno, inoltre mi ha ribadito sempre che di fronte a tante emozioni tende a chiudersi a riccio.
Posso anche cercare di capire, ma mi chiedo perché? In quella occasione avrebbe potuto/dovuto fare uno sforzo, il mio bisogno si sentirlo vicino durante l'esperienza più importante della mia/nostra vita non era più importante? Devo ammettere che ha cercato di recuperare, per esempio organizzando una caccia al tesoro per farmi trovare un bellissimo anello e ne abbiamo parlato moooolte volte. Razionalmente mi dico che è acqua passata ma il mio cuore rimpiange ancora che tutto non sia andato come avevo sognato per anni e secondo le mie aspettative.
E così non riesco più a tornare come ero prima ... Mi rendo conto di essere poco affettuosa nei suoi confronti e molto nervosa.
Sono l'unica ad avere avuto questa esperienza o a qualcuna di voi è successo qualcosa di simile? Come vi siete comportate e che cosa mi consigliate? (storia di E., arrivata attraverso la fanpage di nostrofiglio.it su Facebook)
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