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YouTube e l'unboxing: una droga per il cervello dei nostri figli?

di Francesco Facchini - 02.02.2017 - Scrivici

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Video insistenti, lunghi, con musiche ripetitive, cantilenanti, martellanti, che riproducono manine che scartano pacchi, aprono giochi, svelano regalini dei dolcetti da bar (ovetti e quant’altro). L'unboxing. Bene, il marmocchio vedeva i cartoni su Youtube, con me vicino a sorvegliare. Fino a quando si è imbattuto in questo tipo di video che distruggono il cervello dei più piccoli riproducendo in modo artificiale una delle emozioni più pure della fanciullezza: l’emozione di aprire un regalo

Io, mio figlio e Youtube. Un triangolo pericoloso, ma anche un’avventura da vivere. Ho visto i commenti su Facebook sul mio post delle foto sui social e sono molto contento che abbia scatenato il delirio (offese comprese, non importa). Se non lo hai ancora letto è questo e ha fatto incacchiare tante persone. L’argomento è importante. Riguarda la sfera della vita digitale nostra e dei nostri figli. Indago da mesi su questi argomenti e vivo da mesi la necessità di stare attento e di avere comportamenti attivi e coerenti quando io e il mio marmocchio viviamo esperienze digitali insieme.

 


Parliamo della nostra babysitter preferita? Dai parliamone. E’ il cellulare (o il tablet). Anche qui mi aspetto ordalie di talebani della genitorialità perfetta pronte a proferire strali che, in confronto, il Giudizio Universale è ‘na passeggiata de salute. Tutti sono pronti a sparare divieti, fatto salvo lo scoprire che, nel segreto del salotto di casa o della cucina, consegnano amabilmente i gingilli al pupo o alla pupa per poter far da mangiare o spicciare casa. La mia personale strada per l’educazione digitale di mio figlio è, invece, aperta all’uso di queste device, purché abbia sempre un senso, una vigilanza, un modo. Tuttavia, talvolta, vado a sbattere contro fenomeni che mi fanno incazzare come una biscia, quando vedo che, grazie al web, si perpetrano autentiche violenze non “riconoscibili” ai cervelli dei nostri bambini. Io il tablet con mio figlio lo uso e lo uso perché il progresso non è brutto e cattivo, il progresso è buono o cattivo a seconda di come lo interpreti.

 


Questo lungo pippotto l’ho usato per fare le premesse, a mio avviso coerenti, su un fenomeno allarmante che ho vissuto assieme al pargoletto. Riguarda Youtube e l’unboxing. Non sai cos’è? Faresti bene a saperlo. Ti conviene, perché è una droga che riproduce un’emozione artificiale che va a martellare il cervellino vergine del tuo bambino, mentre guarda i cartoni animati su Youtube. Sono esattamente video sui quali ho pubblicato questa approfondita inchiesta sul mio blog perché per lavoro, da alcuni mesi, tratto l’argomento.

 

Sono video insistenti, lunghi, con musiche ripetitive, cantilenanti, martellanti, che riproducono manine che scartano pacchi, aprono giochi, svelano regalini dei dolcetti da bar (ovetti e quant’altro).

 

Qui già risento le ordalie delle supermamme e dei superpapà che pensano le seguenti cose: primo, che diavolo vuoi che sia; secondo, basta vietare. Sulla seconda considerazione ribadisco la linea che ho raccontato nella premessa: l’educazione digitale del bambino va vissuta presto, bene e insieme. Inutile fare gli struzzi: la vita digitale dei nostri eredi sarà di pari importanza se confrontata con quella reale. O forse di più.

 


Bene, il marmocchio vedeva i cartoni su Youtube, con me vicino a sorvegliare. Fino a quando si è imbattuto in questo tipo di video che fottono il cervello dei più piccoli riproducendo in modo artificiale una delle emozioni più pure della fanciullezza: l’emozione di aprire un regalo. Google, la mamma di Youtube, parla di questa tecnica immonda con orgoglio, raccontando come le vendite, grazie a questo artifizio, si impennino a doppia cifra, specialmente d’estate e a Natale. Però beffa l’infanzia di milioni di bambini nel mondo con una pressione psicologica non riconoscibile come pubblicità, non etichettata come pubblicità e pompata a mani piene (di milioni) da tutte le più grandi firme della giocattoleria mondiale. Ci sono tutti al gran ballo del videuzzo intrufolato nell’algoritmo di ricerca dei cartoni animati di Peppa Pig o Masha e Orso. Youtube è stato eliminato dalle mie device fino a quando abbiamo raggiunto un accordo, ci siamo tornati su insieme. Youtube serve per la musica, Netflix per i cartoni: questo l’accordo. Il motivo è semplice: gli sono bastati tre video di numero perché ne venisse ossessionato, volesse riguardarli compulsivamente e premesse per acquistare questo o quel prodotto a ogni entrata in un bar.
Ritengo la violenza di questi video, completamente sottostimata da leggi e istituzioni e colpevolmente favorita dai big della rete, un affronto contro cui bisogna levare la voce. Perché non sono io a dover dire no a una cosa o a dover imporre un divieto a mio figlio: sono gli attori del web a dover diventare sicuri. Per tutti. E se stai pensando a Youtube Kids, beh, in Italia non c’è e in America si è beccata l’incazzatura delle associazioni di genitori perché spaccia junk food. A proposito: qui autorità dell’infanzia e moige assortiti non sanno un piffero della cosa.

 


Tornando al triangolo papi-figlio-Youtube, ora è un gran divertimento, ma il mio marmocchio non incrocia più quei video che sono una droga che si attacca alle incolpevoli e vergini sinapsi dei piccoli per far pressione agli acquisti dei grandi. E’ una cosa immonda, mascherata, sfuggente, una cosa sulla quale girano miliardi di soldi in pubblicità. Gli Youtuber specializzati nella produzione di quei video hanno miliardi di visualizzazioni e conti in banca da nababbi.

 

Facendo attenzione al fenomeno ho compreso il meccanismo e tolto la minaccia, ma mi è rimasta la gioia di vedere, col mio bimbo, un video sulla lontana Grecia e le sue bellezze o sulla meraviglia del corpo umano, tra una canzone di Rovazzi (eh si, il nostro ascolta e dabba come se non ci fosse un domani) e una di Fedez (e pure li non è che son contento). Tra me, il pupo e Youtube c’è un patto educativo semplice e funzionale, ma attenzione: sull’unboxing bisogna agire e bisogna farlo subito.

 

di Francesco Facchini

 

Sull'autore

Francesco Facchini, papà part time di professione, campo di scrittura su qualsiasi mezzo (dai tovaglioli dei ristoranti al web) e di immagini (spesso della mia fantasia). "Sono convinto di tre cose: mi pagassero un euro a errore che commetto sarei milionario, le migliori risate che faccio sono quelle su di me e l'elefante si può mangiare, ma soltanto a pezzettini. Il mio sito personale è www.francescofacchini.it".

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